“Una specie di follia” di Louise Penny: STREPITOSO!

Una specie di follia” (Einaudi) è l’ultimo romanzo della serie di Louise Penny con protagonista il commissario Armand Gamache. Finora, a ogni nuovo capitolo della serie mi sono detta: “No, questo è senza dubbio il più bello”, e credevo che l’autrice non potesse superarsi ancora una volta. E invece, ci è riuscita. Alla grande.

TRAMA – Mentre i residenti di Three Pines approfittano della neve alta per sciare e bere cioccolata calda nei bistrot, la vacanza del commissario Armand Gamache viene interrotta da una richiesta all’apparenza semplice: una professoressa di statistica, Abigail Robinson, terrà una conferenza presso l’università locale e bisognerà gestirne la sicurezza. Ma quando Gamache inizia a informarsi sul conto della donna, scopre un programma controverso e riprovevole, e implora l’università di annullare la lezione. In nome della libertà d’espressione, l’ateneo rifiuta e accusa Gamache di censura e codardia intellettuale. In poco tempo, le opinioni della professoressa Robinson iniziano a diffondersi per Three Pines e le discussioni diventano dibattiti, i dibattiti diverbi, i diverbi litigi. E quando un omicidio viene commesso, spetta a Gamache e ai suoi due vice, Jean-Guy Beauvoir e Isabelle Lacoste, indagare sul crimine e su quella assurda follia collettiva.

Poteva accadere qualsiasi cosa a chiunque, in qualsiasi momento. Ciò che rendeva un luogo sicuro erano le persone. La loro capacità di aiutarsi a prendersi cura le une delle altre. La gentilezza. Lo spazio per il dolore. E il perdono.

Non so davvero come Louise Penny riesca a scrivere gialli così avvincenti, nella loro linearità in quanto a dinamica. La potenza della sua scrittura probabilmente sta tutta lì, nella semplicità e nella chiarezza, un tratto che non annoia, ma anche anzi cattura e annoda il lettore alle pagine.

Ma punti di forza dei suoi romanzi, a mio avviso, sono soprattutto due: intanto le tematiche che affronta e poi i personaggi.

Cominciamo dal primo. In “Una specie di follia” ci ritroviamo in un periodo post pandemico che tutti conosciamo benissimo. Abbiamo avuto modo di capire che quel “Tutto andrà bene” che ci siamo ripetuti e che i bambini hanno disegnato attorniato da arcobaleni di speranza, non ha avuto presa. Che probabilmente è stato un modo per convincerci a tenere duro quando l’incubo sembrava non finire mai.

Adesso possiamo dirci di esserci lasciati il peggio alle spalle, ma quanto di quel periodo ci portiamo ancora addosso? E quanto influenzerà – o ha già influito – nelle nostre vite?

Ragiona su questo, Louise Penny, affidando dei calcoli a una docente di statistica, che farà delle previsioni corrette dal punto di vista teorico, ma agghiaccianti sul piano umano. E che, naturalmente, non vi anticipo.

Il problema è, però, che la sua voce, così calma e rassicurante, sta facendo presa su molta gente. Tanto che gli stessi abitanti di Three Pines ne devono fare i conti. 

E veniamo quindi, ai personaggi. Anche in “Una specie di follia” ritroviamo gli abitanti del paesino, così come i familiari di Gamache e i suoi collaboratori più stretti. È pazzesca la capacità di Louise Penny di mostrarci, a ogni romanzo, una nuova sfumatura dei suoi personaggi, una crepa, una cicatrice, una paura, una inclinazione.

Credi, da lettore, di conoscerli, ma poi ti danno una scossa di emozione inattesa che rende la lettura ancora più bella, al di là della risoluzione del giallo. In “Una specie di follia” l’autrice ci mostra dei lati oscuri con i quali alcuni personaggi devono fare i conti, sviscerando al contempo i colori di cui si può tingere un animo umano, dai più brillanti ai più cupi.

Non vi posso – e non vi voglio – dire di più perché rischierei di anticiparvi qualcosa della trama. Una trama, come dicevo, che procede abbastanza lineare anche se lascia spazio a delle riflessioni toccanti.

È incredibile come, verso la fine, con una manciata di sospettati, gli scenari possibili sianotanti. I ragionamenti di Gamache insieme a Isabelle e Jean-Guy sono diversi e sembrano sempre non trovare un perché.

Quando tutto si chiarisce, nelle battute finali, ho avuto l’impressione che tutto si chiuda troppo in fretta. Avrei voluto leggere una confessione… anche se non so quanto sarebbe stata in linea con il personaggio tracciato fino a quel momento…

Pagine finali a parte, “Una specie di follia” l’ho trovato semplicemente strepitoso. Un libro bellissimo, di cui ho sottolineato molte parti e che, ancora una volta, mi ha fatto dire che si tratta del più bello della serie. Saprà Louise Penny farmi cambiare idea con il prossimo romanzo?

Se volete un consiglio, non perdetevi questa serie (arriverà presto anche su Amazon Prime!).

Finora, Einaudi ha pubblicato (e io ho recensito sul blog, con crescente entusiasmo!): 

Case di vetro
Il regno delle ombre
Un uomo migliore
I diavoli sono qui

La casa editrice ha anche pubblicato “Natura morta” che è il primo volume della serie

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