“Aurora nel buio” di Barbara Baraldi: un thriller Made in Italy migliore di molti bestseller americani

Wow. Sì, “wow” è l’unica parola che mi viene in mente adesso, ovvero dopo aver finito di leggere “Aurora nel buio” di Barbara Baraldi (Giunti). Un thriller Made in Italy che non ha nulla da invidiare ai grandi nomi americani che invadono le classifiche, anche quelle italiane, e che sempre più spesso finiscono con il diventare prodotti meramente commerciali privi di originalità.

Il romanzo di Barbara Baraldi invece mi ha sorpreso. Mi ha tenuta incollata alle pagine, ho sofferto con Aurora a ogni suo passo incerto, mi sono immersa in un’atmosfera da incubo e la lettura è scivolata via senza che nemmeno me ne accorgessi. Il problema adesso sarà prende sonno stanotte…

TRAMA – Aurora Scalviati era la migliore, fino al giorno di quel conflitto a fuoco, quando un proiettile ha raggiunto la sua testa. Da allora, la più brava profiler della polizia italiana soffre di un disturbo bipolare che cerca di dominare attraverso i farmaci e le sedute clandestine di una terapia da molti considerata barbara: l’elettroshock. Quando per motivi disciplinari Aurora viene trasferita in una tranquilla cittadina dell’Emilia, si trova di fronte a uno scenario diverso da come lo immaginava. Proprio la notte del suo arrivo, una donna viene uccisa. Il marito è scomparso e l’assassino ha rapito la loro bambina, Aprile, di nove anni. Su una parete della casa, una scritta tracciata col sangue della vittima: ”Tu non farai alcun male”. Aurora è certa che si tratti dell’opera di un killer che ha già ucciso in passato e che quella scritta sia un indizio che può condurre alla bimba, una specie di ultimatum… Ma nessuno la ascolta. Presto Aurora capirà di dover agire al di fuori delle regole, perché solo fidandosi del proprio intuito potrà dissipare la coltre di nebbia che avvolge ogni cosa. Solo affrontando i demoni della propria mente potrà salvare la piccola Aprile ed evitare nuove morti…

Aurora ha solo 29 anni eppure la vita l’ha già messa a dura prova. La sua storia familiare è fatta di perdite, ingiuste, egoistiche, e non saranno le ultime. Una notte di Capodanno, in un vecchio mattatoio, Flavio, suo partner nel lavoro ma anche nella vita, rimarrà ucciso per salvarla durante una notte di violenza da parte di un branco di ragazzi, che uccisero anche un quattordicenne. Aurora rimase in coma per settimane, e come se non fosse abbastanza, perse anche il figlio che portava in grembo. Le uniche cose che le sono rimaste sono un pezzo di proiettile nel cervello e una cicatrice sulla tempia.

Si può sopravvivere a tanto dolore? Si può uscire dal buio? O è meglio restarci, perché è il posto dove non ci sono ombre?

Aurora da Torino viene trasferita nella Bassa Emilia, a Sparvara, in un posto “dove non succede mai niente”. Un posto così tranquillo che, proprio nel momento in cui ci mette piede, inciampa in una scena del crimine. Solo che Aurora non sembra essere ben gradita. Il commissario Piovani (che vi risulterà odioso per la maggior parte del libro, per poi ricredervi – ma solo un po’ – verso la fine) farà di tutto per ostacolarla e per estrometterla dalle indagini, senza farsi scrupoli nel chiamarla “ammazzasbirri”, o a fare pensanti illazioni sul suo rientro in Polizia. L’unico suo alleato sarà Bruno Colasanti, che per primo leggerà nei suoi occhi “un tormento interiore ma anche un’indomabile dolcezza” (piccola nota personale: “un’indomabile dolcezza” è una delle descrizioni più cariche di senso che io abbia letto negli ultimi tempi). La giovane poliziotta però, sarà sempre in guardia: può fidarsi di lui? Cosa nasconde l’ex soldato dall’animo rabbioso e protettivo?

Aurora è ostinata, una vera combattente, una cercatrice di verità, ma non quella che di solito viene lanciata nei notiziari per tranquillizzare l’opinione pubblica. Non le interessa trovare un capro espiatorio, vuole sapere di chi è la mano capace di tanta efferata violenza. Sì, perché il delitto che vede appena arriva in quella cittadina avvolta nella nebbia non è simile a nulla a cui è stata abituata finora. Un orrore che sembra essere stato compiuto con lucidità, con premeditazione. C’è anche un messaggio: sarà lei l’unica a rendersene conto e a voler andare fino in fondo alle proprie intuizioni, mentre tutti intorno le chiedono se sta bene e la guardano con un misto di disgusto e commiserazione.

La trama che l’autrice ha sviluppato è complessa, ricca di colpi di scena, ed è dipanata in modo sapiente. Aurora scaverà a fondo, trovando collegamenti con un altro massacro compiuto più di vent’anni prima, per il quale aveva pagato un innocente, fino a risalire a tradizioni vecchie di secoli. Dovrà capire se fidarsi del proprio istinto e dovrà distungere la realtà dalle illusioni create dal suo disturbo.

Sono un’accanita lettrice di gialli e di thriller, e raramente vengo sorpresa in questo modo: Barbara Baraldi ci è riuscita in pieno. Fino all’ultima parola sono rimasta con il fiato sospeso e non ero nemmeno vicina all’identificazione del responsabile, del Lupo Cattivo.

Un altro aspetto che ho apprezzato molto è la profonda analisi psicologica dei personaggi. Aurora, indizio dopo indizio, ricostruisce il profilo del suo “soggetto non identificato”, ma allo stesso tempo entriamo in confidenza con le sue paure, con gli spettri del passato di Bruno, con la rabbia di Piovani, con la frustrazione di Tom, con il coraggio di Silvia, con le fragilità di Elena. Un personaggio che mi sarebbe piaciuto fosse più presente è Stoner, l’agente dell’FBI, amico della vice ispettrice: magari, chissà, nel prossimo libro…

Aurora è stata abituata a correre più forte delle sue paure per non essere presa, ma poi ha capito che non c’è nessun luogo dove poter fuggire per scappare dalle proprie ossessioni. Il passato non è dietro di lei, ma dentro di lei. La giovane poliziotta a un certo punto dice: “Non sarò più la persona che ero”. Capirlo sarà come rinascere. Un passo alla volta.

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