“Dancing in the wind” di Silvia Carbone: molto intenso

Dancing in the wind” di Silvia Carbone è un romanzo davvero intenso. Una montagna russa di emozioni, durante il quale il lettore non fa in tempo a metabolizzare una notizia che ne arriva un’altra pronta a sconvolgere tutti gli equilibri. 

TRAMA – Dakota Hunt è una ballerina della scuola di arti performative Juilliard di New York. È una danzatrice promettente ma che lotta di continuo con i suoi disturbi alimentari.
Fino al crollo.
Fino a lui.
Zephyr Hale è all’apparenza un cattivo ragazzo ma nasconde l’anima di un artista. L’incontro con Dakota è fatto da subito di incomprensioni fino a quando lui vede oltre le apparenze che lei cerca di mantenere. In un susseguirsi di problemi che il destino ha in serbo per loro, l’amore tra i due ragazzi diventerà importante e speciale. Ma qualcosa andrà storto e a quel punto Dakota e Zephyr dovranno fare i conti con i propri demoni.

“La mia anima danza con la tua”.
“La mia anima danza nel vento insieme a me”.

Nel suo nuovo romanzo, “Dancing in the wind“, Silvia Carbone non si è risparmiata. Non solo ha scritto la storia di due anime tormentate che, sia insieme che da sole, dovranno tentare di allontanare ognuna i propri demoni, ma ha imbastito una trama che ruota attorno a temi davvero importanti.

La gente pensava di potersi permettere di giudicare gli altri senza conoscerne davvero i sentimenti, i pensieri o quali fossero i reali obiettivi che uno si prefiggeva. Era un atto di bullismo così sottile che nessuno lo riteneva tale.

C’è il bullismo, sia quello manifesto che quello più sottile, infido; si affronta il tema dei disturbi alimentari; i rapporti tossici; il punirsi. Decidere di affrontare tematiche così delicate lo ritengo molto coraggioso, perché i rischi sono tanti, ma Silvia Carbone ha scritto ogni parola con grande cura, prendendosi anche il tempo necessario per spiegare bene certi passaggi.

Io per prima ho imparato alcune cose su cui ero del tutto ignorante, oltre a essermi ritrovata in alcune dinamiche che purtroppo ho vissuto sulla mia pelle. L’autrice ha deciso di donare una parte di sé in questo suo ultimo romanzo. Lo ha fatto con onestà e trasparenza, e si evince da ogni pagina. 

Ma andiamo a Dakota e Zephyr. 

Se da una parte Zephyr si racconta con sincerità attraverso la sua arte, che però tiene nascosta agli occhi del mondo; Dakota, invece, si mostra al pubblico con la sua danza, ma tenendo ben segreta la sua vera essenza. Entrambi compiranno un viaggio non solo alla riscoperta di loro stessi, nel profondo, ma anche per decidere cosa mostrare e come farlo, cosa donare di sé e in che modo. 

Il loro rapporto è un’altalena emotiva che coinvolge e che cattura, destinata a inclinarsi da una parte o dell’altra soprattutto per gli eventi che li travolgeranno. Di certo non mi aspettavo uno dei plot twist della seconda metà del romanzo… di cui ovviamente non dirò nulla!

Ho apprezzato moltissimo la lucidità di Dakota verso la fine di “Dancing in the wind“, non nei confronti di se stessa, ma nei riguardi di Zephyr. Mi hanno colpita molto sia le sue parole, durante il loro ennesimo confronto, che le sue azioni, a riprova non solo del suo gran cuore, ma anche del modo in cui dimostra di aver capito l’uomo che ama meglio di quanto riesca a fare lui stesso. 

Sapevo essere uno stronzo quando volevo, ma era più forte di me. Per riuscire ad amarmi doveva imparare prima di tutto a difendersi da me. Desideravo un futuro con lei e doveva imparare ad affrontare di petto le sue fragilità se voleva riuscire a riprendere in mano la sua vita.

L’unica cosa che mi è dispiaciuta è che non si è riuscito a dare spazio ad alcuni personaggi secondari. Di Ares praticamente dopo le prime pagine quasi ci dimentichiamo della sua esistenza, così come della piccola Cassie. Che è successo dopo quell’unica lezione al garage? Perché, per esempio, non segue le lezioni alla scuola di danza quando Dakota inizia a insegnare? Mi è subito piaciuta Cassie, sembrava quasi una confidente per Dakota e averla in qualche modo “persa” durante la narrazione è stato un peccato.

Detto questo, per concludere, chiedo a Silvia Carbone: a quando un bel romanzo con protagonista Hades?

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