“Il regno delle ombre” di Louise Penny: un’autrice imperdibile

Se Louise Penny mi aveva affascinata con “Case di vetro“, con “Il regno delle ombre” (Einaudi) mi ha del tutto catturata. Amo il suo stile di scrittura e l’impostazione che segue nei suoi romanzi, che trovo davvero godibili e coinvolgenti.

TRAMA – Convocato all’improvviso in una fattoria nei pressi di Three Pines, Armand Gamache, capo della Sûreté du Québec, scopre di essere stato nominato esecutore testamentario da una sconosciuta baronessa. Il documento contiene clausole tanto bizzarre da far sospettare al commissario che si tratti di uno scherzo, ma di lí a qualche giorno, quando nella fattoria viene rinvenuto il cadavere di un uomo, la realtà dei fatti emerge in tutta la sua gravità. Nel frattempo un enorme carico di droga sta per inondare le strade di Montréal, e Gamache, sospeso dal servizio sei mesi prima proprio per non averlo fermato, deve decidere al piú presto come agire.

Non affezionarsi ad Armand Gamache è quasi impossibile. Louise Penny descrive lui, e anche tutti gli altri personaggi che gli ruotano attorno, così bene, in un modo così dettagliato e intimo, che sembra persino di conoscerli.

Questo è uno degli aspetti che più mi piace dello stile di questa autrice: scava in profondità nelle emozioni dei suoi protagonisti, non lasciando nulla al caso e concentrandosi molto sulle relazioni che intrecciano. Sembra di entrare nei loro pensieri, nei loro dubbi, tra le pieghe dei loro ragionamenti, anche se a volte, per motivi di trama e di genere ovviamente, anche Louise Penny è costretta a tenerci qualcosa nascosta. Ma perdonarla per questo è piuttosto facile.

Il regno delle ombre” ci fa immergere subito nel freddo clima canadese: in piena tormenta di neve, Armand Gamache viene convocato in una fattoria nei pressi di Three Pines dove scopre di essere stato nominato esecutore testamentario da una sconosciuta baronessa. Ma non è il solo esecutore e il testamento è di certo piuttosto insolito…

La sua curiosità viene subito stuzzicata e la vicenda diventa un vero e proprio caso quando viene ritrovato il cadavere di un uomo (per scoprire come succede, dovrete leggere il romanzo!). Da lì in avanti sarà un “groviglio di follia e illusioni” (e anche in questo caso, non sarò io a dirvi di più!).

Una trama che si snocciola piano quella de “Il regno delle ombre“, in un tempo quasi dilatato, ma non per questo meno accattivante. Un altro dei pregi della narrazione della Penny è, a mio avviso, quello di sapere raccontare gli eventi nei tempi giusti, senza accelerazioni forzate o inutili divagazioni.

Non si arriva subito al colpo di genio del commissario infallibile, ma ci sono ragionamenti continui a quali aggrapparsi o sui quali fare l’avvocato del diavolo; ci sono piste da seguire e altre che non portano a niente, ma tutto si svolge con un andamento regolare, sinuoso, con piccoli sobbalzi, che cattura e ammalia. Strega a tal punto che il libro si fa leggere davvero in poco tempo.

Sullo sfondo, la vera preoccupazione di Armand Gamache: un enorme caso di droga che ha tenuto il lettore con il fiato sospeso in “Case di vetro” e che sta avendo (e avrà) importanti conseguenze. Ne “Il regno delle ombre” Gamache si gioca il tutto per tutto: quella droga così letale va recuperata prima che venga messa sul mercato. Ma come? Il suo espediente ci porterà tra le ombre, con descrizioni vivide che faranno quasi male.

Gamache è granitico anche nei momenti di maggiore tensione, intelligente e sensibile, con gli occhi buoni e il piglio autoritario. Un personaggio così diverso da quelli incontrati finora che è sempre un piacere leggere sia i suoi casi che le sue vicende personali.

Ne “Il regno delle ombre“, come è successo con “Case di vetro“, la trama principale viene chiusa, mentre quella che fa da sfondo continua a snocciolarsi, lasciando intravedere nuovi percorsi e nuovi spiragli tutti da scoprire. E io non vedo l’ora.

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