“L’amore è eterno finché non risponde” di Ester Viola: a ognuno il suo finale…

Recensione e foto di Maria Teresa Camarda

Entro alla Mondadori di Palermo per cambiare un libro che ho comprato per un errore di valutazione. Ce l’ho già, deve essere in qualche scatolone non ancora aperto dopo l’ultimo doloroso trasloco. Avevo fretta di riaverlo tra le mani, poi mi sono resa conto del consumismo sfrenato (e non permesso) che si nascondeva in quell’acquisto, così sono tornata in libreria, mi sono fatta autorizzare il cambio e ho cominciato a girare tra gli scaffali e i tavoli all’ingresso per sceglierne un altro.

Non ero sicura di volere l’ennesimo libro d’amore, ma mi poteva star bene un libro che avesse la parola “amore” nel titolo: “L’amore è eterno finché non risponde” (Ester Viola  – Einaudi). Titolo accattivante, non c’è che dire. E poi come dire di no a una copertina così colorata in stile Pop Art, che a me tutto quello che è Pop piace. E se l’autrice poi scrive per IL, magazine del Sole 24 Ore… beh, allora non posso che comprarlo. Poi sulla quarta di copertina c’è scritto:  “Certo che esiste l’amore eterno: è quello non corrisposto”. Praticamente, la storia della mia vita oggi.

Tornando a casa, la sera, in autobus comincio a leggere. Non sono proprio le prime righe, ma a un tratto l’autrice scrive:

Tra me e Dario è finita da sei mesi. La relazione ufficiale, intendo. Perché lui è presente quasi quanto prima”. E poche pagine dopo, sono ancora avvinta dalla lettura, becco quest’altro passaggio: “[…] mi aveva lasciato con un’inappuntabile spiegazione freudiana dei motivi per cui innamorarsi della migliore amica della tua ragazza era purtroppo una cosa normalissima, quasi dovuta.

Ok, è il mio libro.

E comincio anche a rosicare perché l’autrice ha più o meno la mia età e ha scritto un libro come vorrei scriverlo io, con lo stile che vorrei avere io, e che, per di più, parla di me. Ne sono certa, quella sono io!

Sono ancora a pagina 17 quando il libro mi stronca:

Ho superato la fase acuta, dopo mesi non sono più allo strazio profondo. Piuttosto alla nostalgia vaga con quei quarto d’ora di picco in cui rischi di mandare un messaggio con domande serie su voi due. […] Insomma, non sei salvo finché non ti innamori di nuovo. E farai meglio a essere tu il più veloce. È Darwin applicato alla sciagura sentimentale: non il più forte, ma il più veloce a dimenticare è quello che sopravvive.

L’ho già detto che questo libro sta parlando con me?

La protagonista di questa storia è Olivia, 32 anni, avvocato divorzista. Il suo sguardo cinico e disincantato sulle relazioni rende molto complicata la sua vita privata, sempre in bilico tra ragione e sentimento, volendo dirla con Jane Austen. Intorno a lei un caleidoscopio di uomini: l’ex, Dario, che rimane il sogno ambito perché “si torna sempre da quelli di prima, perché la voglia di stabilità supera qualsiasi innamoramento” (e poi Olivia è stata lasciata e, si sa, “un addio non è poi così terribile, dipende da chi prende l’iniziativa”); Luciano, il vicino di casa strafigo ma troppo “lineare” per piacerle davvero, perché “gli uomini si dividono in due categorie: quelli normali e quelli che piacciono a me”; Luca, il capo-amico per cui il lettore fa il tifo dall’inizio, anche perché “due che lavorano insieme da molto tempo diventano una coppia a cui manca solo l’amore”; e poi c’è lui, Massimiliano Navarra, il bello e impossibile, che a un tratto diventa possibile ma non sai bene come, quando e perché e, dunque, ti rende difficile fidarti di lui.

Olivia ondeggia nella vita, tra Converse e tacchi alti, e cerca di trovare il bandolo della matassa, la cartina del labirinto. E ad aiutarla ci sono delle amiche strampalate. Come Viola, per esempio, che “ha questa caratteristica precisa: non sembra mai amica tua”. Il ruolo di Viola nel libro è inaspettato e importante quanto quello della protagonista, ma si scoprirà soltanto alla fine, di cui – mannaggia! – non posso dire niente! Anche se un bel “vaff…” ci starebbe proprio!

Sì, ecco, il finale meriterebbe una recensione a parte. Prima di tutto bisognerebbe chiedersi: quale finale? Perché l’autrice sa bene che “dopo la parola FINE, c’è la vita che continua”. E allora al lettore la scelta: fermarsi lì dove c’è la parola FINE, appunto, dove tutti sono “quasi contenti, o meno scontenti di quando avevano cominciato”, o voltare pagina e scoprire che “la vita non è cattiva, solo che ti guarda in faccia e decide che meriti di peggio”?

Sono pronta a scommettere che quella pagina la volteremmo tutti, incapaci di resistere alla tentazione di un segreto svelato. E quindi, che dirvi: in bocca al lupo. A ognuno il suo finale.

Ma ricordate: “Nella vita scopri le cose solo per rimpiangere il panico di quando le cercavi”.

P.S. “Le ossessioni passano in un unico modo: per stanchezza”.

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