“Il quaderno di ricette” di Jacky Durand: autentico

Se dovessi usare un solo aggettivo per descrivere “Il quaderno di ricette” di Jacky Durand (Solferino) sceglierei “autentico”. È talmente forte il senso di verità che mi è arrivato attraverso le pagine del romanzo che a tratti mi sono chiesta se non fosse una storia realmente vissuta dal suo autore. Di certo, per me non rimarrà solo finzione.

TRAMA – Monsieur Henri è uno chef dal raro talento: il suo istinto, in cucina, gli suggerisce temperature, dosi e tempi di cottura, sembra che le sue mani, nodose e segnate dalle bruciature, siano nate per trasformare pochi ingredienti in un piatto perfetto. Cucina semplice, della tradizione, senza contaminazioni e quasi infastidita dalla modernità. È un uomo di poche parole, di pochissimi studi, cucinare è per lui fatica, ma anche atto d’amore. Conquista la sua donna con un piatto di patate saltate. Per Hélène imbandisce colazioni domenicali a letto, con ostriche e champagne, sempre Hélène lo convince ad annotare trucchi e segreti in un quaderno. Lui recalcitra: mal sopporta di trasformare il suo sapere in regole, ricette da tramandare. Infatti per Julien, suo figlio che cresce con lui in cucina, non vuole a nessun costo un futuro tra i fornelli. Anche se non gli spiega perché e questo scava un baratro fra loro due. Quando Henri cade in coma, Julien non ha che un’ossessione, ritrovare quel quaderno. Per ritrovare suo padre, i gesti rapidi e precisi, gli occhi, le mani che impugnano padelle incandescenti, salano pietanze nel palmo, impastano uova e farina per la torta al limone. Julien deve capire, riannodare i fili. Ma cercando quel taccuino dalla copertina in pelle, arriverà molto più lontano.

Lo taglierete a fette questa sera e tu dirai, come al solito: «Non male, ma avremmo potuto condirlo un po’ di più». Non sei mai contento.

Sono tante le pagine che la letteratura ha dedicato al rapporto tra genitori e figli. Come ho già detto in passato, mi è capitato di leggere maggiormente storie che intrecciano la vita di un padre e di suo figlio, e adesso sono felice di aggiungere alla lista anche “Il quaderno di ricette“.

Julien racconta la sua storia in prima persona, molto spesso rivolgendosi direttamente al padre: i “tu mi rispondevi”, “io ti dicevo”, si susseguono nel sbrogliare i ricordi a partire dall’infanzia. Sin da subito è chiaro il talento dell’autore il quale, con poche parole, riesce a descrivere perfettamente un lato del carattere, un vezzo, un’emozione.

Io normalmente amo gli stili che si soffermano maggiormente, ma devo riconoscere che Durand mi ha sorpresa sin dalle prime battute, facendomi immergere completamente nella trama del suo romanzo anche con una frase lapidaria. Un talento innegabile nel descrivere una scena, rendendola quasi fotografica, con una manciata di caratteri.

Avaro di parole, se così vogliamo dire, proprio come il padre di Julien, cuoco – non chiamatelo chef – più che per necessità che per vocazione, che ha lasciato che fosse quel mestiere a decidere per lui, rintanandosi dietro ai fornelli per non essere da un’altra parte. Faceva quasi comodo nascondersi tra le casseruole, piuttosto che affrontare alcuni vuoti dell’anima. Solchi profondi che Julien scoprirà solo da adulto.

Ma è da bambino che rimane affascinato dalle mani del padre, capaci di creare piatti squisiti, semplici e raffinati insieme, preparati con cura e devozione. Senza mai seguire una ricetta: il peso si calcola nelle mani, i tempi di cottura li decidono gli occhi, l’olfatto stabilisce se occorre aggiungere del pepe.

La cucina è parte integrante della trama de “Il quaderno di ricette” e anche per questo aspetto torno a usare l’aggettivo “autentico”. Tra queste pagine c’è una vera conoscenza di piatti e di ingredienti della cucina francese e non solo; c’è sapienza nelle descrizioni dei passaggi, di come si maneggiano gli arnesi del mestiere, come si taglia la carne. Tutte queste descrizioni concorrono a rendere il romanzo palpitante, vivo.

La trama de “Il quaderno di ricette” si snoda lungo un rapporto che subirà dei cambiamenti: la relazione muterà con il tempo, creando squilibri e ritrovate unioni.

Bellissime le pagine che aprono la seconda parte, quando il rapporto tra padre e figlio muta: diventano incapaci di gestire una assenza che li univa, che rendeva ogni cosa più semplice e allo stesso tempo complessa.

Ho passato le domeniche con te con qualunque tempo, in quest’angolo di solitudine.

Julien vuole fare il cuoco, il padre non vuole. “Impara un lavoro migliore”, gli dice, indicandogli i libri. Quei libri sui quali lui non ha studiato e ai quali ritornerà quando non ci sarà più tempo.

Ne “Il quaderno di ricette” arriverà anche un colpo di scena che aprirà nuovi spiragli, che traccerà una distanza. Julien crescerà e il padre dovrà accettare il fatto che suo figlio desidera stare in cucina, anche se a fine servizio legge un romanzo tra i bidoni dell’immondizia.

È una storia complessa, come lo sono tutti i rapporti tra genitori e figli. Ci sono dei personaggi secondari importanti che torneranno nella vita di Julien, alleggerendogli il cuore e indicandogli la via.

E così si arriva alle ultime pagine, con una forte emozione. Le parole alla fine giungeranno, forse dovevano solo trovare la strada giusta.

So di essere stata vaga nel raccontarvi la trama, ma qui non c’è una vera e propria storia, c’è un rapporto controverso che va seguito nelle sue tappe, con il cuore colmo di emozioni. Un bellissimo viaggio che spero tanti di voi avranno voglia di intraprendere.

Per scoprire altri titoli della casa editrice Solferino vi invito a sbirciare sul loro sito e a navigare sui blog che hanno aderito alla iniziativa “Alla scoperta di Solferino”.

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