“Mrs Bridge” di Evan S. Connell: una vita “senza”
“Mrs Bridge” di Evan S. Connell (Einaudi) è il racconto di una esistenza trascorsa ignorando fino all’ultimo tutto ciò che la vita può offrire. Un romanzo disarmante nel suo essere sincero e privo di alternative.
TRAMA – Mrs Bridge è una donna come tante. Una donna che ci assomiglia, magari di cui siamo figli. Nulla sembra rendere particolare la sua vita. Come quella di tutti è una vita piena di «ma». Moglie premurosa di un marito taciturno e distratto che passa piú tempo in ufficio che a casa: ma le hanno insegnato a essere una sposa devota e a non lamentarsi. Madre ansiosa di tre figli a cui dedica tutte le energie: ma, pur cosí amati, paiono condurre una vita segreta e piú felice lontani dallo sguardo materno. Le vicine occhiute sono sempre pronte a criticare a mezza bocca, magari con una battuta apparentemente benevola: ma Mrs Bridge non mostra mai il minimo cedimento, la piú piccola debolezza. E cosí, giorno dopo giorno, Mrs Bridge riempie con mille, piccole, necessarie incombenze il vuoto che si spalanca nella sua esistenza. Man mano che il racconto procede, i capelli si ingrigiscono, i figli escono di casa, la solitudine aumenta, quella che all’inizio sembrava quasi una benevola satira della «casalinga perfetta» diventa una discesa affettuosa e commovente, partecipe e tragica, nel mistero dell’esistenza, al fondo di ciò che ci rende tutti umani.
“Si chiamava India, un nome a cui non riuscì mai ad abituarsi. Aveva il sospetto che i suoi genitori, nel darglielo, avessero avuto in mente un’altra persona. O forse avevano sperato di avere una figlia diversa”.
Terminato di leggere “Mrs Bridge” sono andata indietro per rivedere le parti che avevo sottolineato e tra queste c’era l’incipit che ho appena riportato. Credo che in quelle poche parole ci sia il senso dell’intero romanzo.
“Avevano sperato di avere una figlia diversa”. Mrs Bridge parte sin da subito mostrandoci un senso di inadeguatezza, di sconforto. Nella pagina seguente continua così: “Non sapeva bene quello che voleva dalla vita, né che cosa aspettarsene, avendo avuto così poca esperienza, ma era certa che in un modo o nell’altro – poiché così si augurava – desideri e aspettative avrebbero conciso”.
Come è facile immaginare, non succederà nulla di tutto questo. Mrs Bridge è sempre in procinto di iniziare una nuova attività, magari che la possa appassionare per davvero, ma poi “salta fuori qualcosa”, oppure non trova mai “l’occasione adatta”.
Passerà le sue giornate come moglie, poi come madre, mettendosi in relazione agli altri per capire quale sia il suo ruolo. Il romanzo scivola via in capitoli brevissimi – mezza pagina, una pagina – in cui vengono narrati piccoli frammenti della vita di Mrs Bridge, immagini nelle quali mi è sempre sembrata fuori posto, inappropriata.
Ma non trovi anche tu che sia difficile sapere che cosa pensare?
All’inizio mi ha dato un po’ fastidio la superficialità del racconto, ma poi ho compreso che è la superficialità della stessa Mrs Bridge che inizia a interrogarsi sui suoi sentimenti solo nella seconda parte del romanzo.
Passava molto tempo a fissare il vuoto, oppressa da un senso di attesa. Ma attesa di cosa? Non lo sapeva. I giorni passavano tutti uguali. Non accadeva mai niente di intenso, di estremo. Il tempo non scorreva.
Però, anche in questo caso, saranno domande fine a se stesse. Mrs Bridge sembra aver capito cosa la sta divorando (“quella malattia senza nome era scoppiata, lasciando come unica cicatrice un gusto amaro in bocca e un feroce, feroce desiderio”) ma non sa come fare per stare meglio.
Non riesce a immaginare un altro quadro nel quale inserirsi, uno scenario diverso. Da questo punto di vista mi è sembrato davvero interessante che la comprensione del senso della sua esistenza arrivi solo attraverso le parole di un grande scrittore, scelto per caso in mezzo a tanti altri libri, per poi, essere interrotta ancora una volta.
Lungo tutto il romanzo Mrs Bridge non cambierà di una virgola, finendo intrappolata nelle sue stesse convinzioni. E, in quest’ottica, il finale è davvero geniale.
Ripercorrendo il romanzo, ho capito perché “Mrs Bridge” viene accostato a “Stoner“: entrambi condurranno la propria esistenza “senza”. Senza cambiare, senza evolversi, senza rincorrere i propri desideri. Ma “Mrs Bridge” a mio avviso non ha lo stesso impatto emotivo del capolavoro di John Williams.