“Lascia dire alle ombre” di Jess Kidd: assolutamente unico

Inutile negarvelo: la copertina di “Lascia dire alle ombre” di Jess Kidd (Bompiani) mi ha attirata come una calamita. Avevo il timore che fosse solo una bella confezione e invece questo romanzo è stato una vera e propria rivelazione. Sorprendente, direi.

TRAMA – Quando Mahony, cresciuto in orfanotrofio a Dublino, torna a Molderring, quattro strade e un pub sulla costa occidentale dell’Irlanda, porta con sé solo una foto sbiadita di Orla, la madre che non ha mai conosciuto, e l’ostinato desiderio di dissipare la cortina di bugie che avvolge il villaggio. Nessuno, vivo o morto, vuole raccontare cosa è successo più di vent’anni prima alla ragazzina che l’ha dato alla luce e poi abbandonato, eppure Mahony è certo che sono in molti a conoscere la verità. Un prete che assomiglia a una donnola, l’arcigna infermiera del villaggio, una banda di alcolisti sentenziosi, una caustica attrice imparruccata al di là del tramonto decisa ad aiutare Mahony infilando tra le pieghe dell’annuale messinscena un’indagine in piena regola: sono solo alcuni dei personaggi che animano una storia nera e grottesca, sovrannaturale ma più che mai umana, che avvolge e trattiene il lettore fino all’ultima pagina.

Per parlarvi di “Lascia dire alle ombre” comincio con il narratore. Il “narratore onniscente” di questo romanzo è uno di quelli a cui non sfugge nulla. Non si fa problemi a essere politicamente scorretto, magari a schierarsi, a dire cosa sta succedendo dietro una porta chiusa, a imprecare, a rendere il quadro della scena il più reale possibile. Mi ha del tutto coinvolta, fin dalle prime battute.

Merito della scrittura dell’autrice, davvero peculiare, raffinata ma non altera, limpida, schietta. Una scrittura che ha reso tangibili i personaggi della storia e la sua ambientazione.

La trama si sviluppa su due piani temporali: il primo, in cui si raccontano le vicende di Orla, il filo di mistero che aleggia per tutto il romanzo; il secondo, in cui sono narrate quelle di suo figlio Mahony, giovane dal carisma irresistibile, che sconvolge la tranquilla (si fa per dire) cittadina di Molderring.

Non hanno mai visto nessuno così: un Heathcliff irlandese. Tempestoso e veemente, tutto furia e passione. Le donne restano a guardarlo finché non scompare, perché è irresistibile come il vento.

Subito attirerà l’attenzioni di tutti: di quelli che hanno dei segreti da nascondere; delle donne che vorrebbero essere strette tra le sue braccia; delle persone che hanno conosciuto sua madre e che sono pronte a dargli una mano. Ma gli indizi sono pochi, o meglio, è uno solo. Una vecchia fotografia che ritrae Orla con un bambino in braccio, con una scritta sul retro:

«Il tuo nome è Francis Sweeney. Tua madre era Orla Sweeney. Sei nato a Mulderrig, contea di Mayo. In questa foto ci siete tu e lei. Sappi che lei è la vergogna della città, perciò l’hanno portata via da te. Mentono tutti, quindi stai in guardia e sappi che tua madre ti amava»

Una delle prime persone in cui si imbatterà Mahony è la signora Cauley. Attrice in lotta contro il tempo, sarà una sua preziosa alleata, con la sua sincerità disarmante, il suo charme, la sua noncuranza, i suoi occhi indagatori, “decadente e reale, disperatamente fragile e crepitante di vita”. Proprio come i libri di cui ha deciso di circondarsi.

Mahony vive un tormento crudele perché non sa che fine abbia fatto sua madre. E il tormento è maggiore dal momento che lui riesce a comunicare con i morti, ma lei non è mai riuscita a vederla. “L’hai cercata per tutta la vita, lo so. Ma lei verrà da te quando sarà pronta”, gli dice la signora Cauley.

Su questa sua dote, ereditata dalla madre, spendo una paio di parole, solo per sottolineare quanto l’autrice non sia stata “macabra” nell’inserire i fantasmi nella narrazione, come si potrebbe pensare. Sono perfettamente calati nel contesto, a volte perfino buffi, fanno da perfetto contraltare a quello che succede tra i vivi, senza disturbare, senza dare nessuna soluzione. Persino chi non pronuncia nemmeno una parola viene finemente tratteggiato nelle sue peculiarità.

Mahony, la signora Cauly, Shauna, Bridget Doosey, si metteranno a indagare, scontrandosi con personaggi odiosi e terribili, trovando indizi e arrivando alla verità in un crescendo di tensione nel momento del confronto finale.

Ruolo fondamentale gioca anche l’ambientazione in “Lascia dire alle ombre“. E non solo la foresta, che sappiamo quanto sia simbolica in tutta la letteratura, ma anche gli interni. Gli ambienti sono così finemente raccontati che mi è sembrato di sentire il sapore dell’alcol scadente, di poter toccare la polvere, di annusare l’umidità delle pareti. A volte è bastato davvero poco per essere dentro la narrazione.

Che dirvi? Mi ha letteralmente conquistata. Spero che anche gli altri romanzi di Jess Kidd vengano tradotti in italiano!

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