“Il potere del cane” di Thomas Savage: un pizzico di delusione

Ero curiosa di leggere “Il potere del cane” di Thomas Savage (Neri Pozza) prima di vedere il film, ma forse il trailer ha finito per condizionare la mia lettura…

TRAMA – Montana, 1924. Tra le pianure selvagge del vecchio West, a cui fa da sfondo una collina rocciosa che ha la forma di un cane in corsa, sorge il ranch piú grande dell’intera valle, il ranch dei fratelli Burbank. Phil e George Burbank, pur condividendo tutto da piú di quaranta anni, non potrebbero essere piú diversi. Alto e spigoloso, Phil ha la mente acuta, le mani svelte e la spietata sfrontatezza di chi può permettersi di essere sé stesso. George, al contrario, è massiccio e taciturno, del tutto privo di senso dell’umorismo. Insieme si occupano di mandare avanti la tenuta, consumano i pasti nella grande sala padronale e continuano a dormire nella stanza che avevano da ragazzi, negli stessi letti di ottone, che adesso cigolano nella grande casa di tronchi. Chi conosce bene Phil ritiene uno spreco che un uomo tanto brillante, uno che avrebbe potuto fare il medico, l’insegnante o l’artista, si accontenti di mandare avanti un ranch. Nonostante i soldi e il prestigio della famiglia, Phil veste come un qualsiasi bracciante, in salopette e camicia di cotone azzurra, usa la stessa sella da vent’anni e vive nel mito di Bronco Henry, il migliore di tutti, colui che, anni addietro, gli ha insegnato l’arte di intrecciare corde di cuoio grezzo. George, riservato e insicuro, si accontenta di esistere all’ombra di Phil senza mai contraddirlo, senza mai mettere in dubbio la sua autorità. Ogni autunno i due fratelli conducono un migliaio di manzi per venticinque miglia, fino ai recinti del piccolo insediamento di Beech, dove si fermano a pranzare al Mulino Rosso, una modesta locanda gestita dalla vedova di un medico morto suicida anni prima. Rose Gordon, si vocifera a Beech, ha avuto coraggio a mandare avanti l’attività dopo la tragica morte del marito. Ad aiutarla c’è il figlio adolescente Peter, un ragazzo delicato e sensibile che, con il suo atteggiamento effeminato, suscita un’immediata repulsione in Phil. George, invece, resta incantato da Rose, al punto da lasciare tutti stupefatti chiedendole di sposarlo e portandola a vivere al ranch, inconsapevole di aver appena creato i presupposti per un dramma che li coinvolgerà tutti. Perché Phil vive il matrimonio del fratello come un tradimento e, proprio come il «cane sulla collina» lanciato all’inseguimento della preda, non darà tregua a Rose, a Peter e anche al suo amato George, animato dall’odio nella sua forma piú pura: l’odio di chi invidia.

La trama fornita dalla casa editrice è abbastanza dettagliata, e non credo che aggiungerò altro nel parlarvi del libro. Come dicevo in apertura di questo post, sono arrivata a incuriosirmi del romanzo dopo aver visto il trailer del film, che dal primo dicembre sarà disponibile su Netflix.

Il trailer mi aveva subito rapita, così ho deciso di leggere il libro, ma…

… è stato come non ritrovare quella tensione che avevo avvertito, come non riuscire a riprovare quelle emozioni che una sequenza di poche immagini mi aveva suscitato.

Il potere del cane” ha una prosa essenziale ma efficace, nel tessere una trama dalle tinte forti e nel tratteggiare in modo sapiente i personaggi.

Essenziale fino all’osso, mi verrebbe da dire. Talmente non c’è posto per il superlfuo che si finisce per avere dei buchi.

La tensione tra Rose e Phil è delineata in modo quasi viscerale, per tutta la parte centrale del libro. Uno svolta si avrà quando Peter, il figlio di Rose, arriverà al rach per trascorrere l’estate.

Lì, però, il racconto inizia a farsi sfilacciato. Predomina il non detto, il sottointeso. Non c’è dovizia di particolari, come era stato per lo scombussolamento emotivo di Rose, forse per non anticipare il finale (che comunque si intuisce lo stesso), o magari per sottolineare quanto fosse repressa l’omosessualità di Phil.

Non saprei, so solo che mi aspettavo di più dall’ultima parte del romanzo. La tensione rimane sempre alta, ma mi è mancato quel pizzico di emozione che crea la magia tra lettore e libro.

Avrei voluto che si esplorasse di più la dinamica tra Phil e Peter, un po’ come era stato per il tira e molla con Rose, ma non è successo. Mi è sembrato che si arrivasse al finale troppo in fretta, quasi rotolando giù da quella collina.

Ho letto la postfazione ed è stato singolare scoprire i motivi dietro alcune scelte di trama da parte dell’autore, e quanto ci fosse di autobiografico ne “Il potere del cane“. Che rimane sicuramente un gran romanzo, ma che però non ha fatto presa su di me in modo totale.

Un pensiero riguardo ““Il potere del cane” di Thomas Savage: un pizzico di delusione

  • 25 Novembre 2021 in 6:26 am
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    Hai ragione a proposito del potere del cane, storia narrata da un’occhiata attraverso buchi nel muro: buchi a volte minuscoli, e comunque mai così grandi da infilarci la testa per osservare a tutto campo… ma il bello è proprio questo, è un libro di sottrazioni più che di aggiunte. Grazie

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