“Un matrimonio non premeditato” di Rebecca West: che autrice!

Un matrimonio non premeditato” di Rebecca West (Fazi) mi dà ulteriore conferma di quanto questa autrice sia straordinaria.

La giovane e bellissima Isabelle è una ricca vedova americana che arriva a Parigi per riprendersi dalla perdita del marito. Dopo una serie di corteggiamenti incontra Marc Sallafranque, il quale, semplicemente, è l’uomo sbagliato nel momento giusto. I due decidono di sposarsi nonostante nulla, o quasi, li accomuni: scelgono di unire le proprie vite più sulla spinta di forze e coincidenze estranee alla loro volontà che per una reale attrazione. Isabelle, sensibile quanto devota alla ragione come a un dio implacabile, si trova a fare i conti con una cultura a lei estranea, mentre matura un disgusto incapace di compromessi per la trivialità della vita dettata dall’aristocrazia del denaro: i soldi non fanno che complicare la relazione tra i sessi, spingendo gli uomini a voler possedere le donne come possiedono il denaro, e le donne a prostituirsi, per quanto in forme socialmente accettate, per migliorare la propria posizione materiale… Soltanto nel momento in cui abbandonerà la propria ricerca ossessiva di spiegazioni razionali al comportamento umano e accetterà l’imperfezione, Isabelle riuscirà ad avvicinarsi davvero al marito.

Ho amato molto la trilogia della famiglia Aubrey di Rebecca West (“La famiglia Aubrey“, “Nel cuore della notte“, “Rosamund“), ho sorriso parecchio con i due protagonisti davvero singolari di “Quel prodigio di Harriet Hume” e ora, “Un matrimonio non premeditato” mi dà conferma di quanto questa autrice sappia raccontare l’animo umano come pochi.

Anche per questo romanzo non si può parlare di una trama vera e propria, ma più che altro di uno scorrere di eventi.

All’inizio conosciamo Isabelle e i suoi tormenti amorosi che la condurranno a una scelta “non premeditata”, appunto, quando deciderà di sposare Marc. C’è onestà nel modo in cui lo descrive ma soprattutto nella maniera in cui imparerà a conoscere ogni piega del suo carattere.

Tutta la prima parte del romanzo è incentrata su una disamina dei rapporti umani, tra gente di elevata estrazione sociale. Cosa comporta il denaro? A quali giochi sei costretto a partecipare quando sei molto ricco? E a quanta gente devi dare a parlare?

Isabelle scandaglia tutti la platea di personaggi che circonda la coppia, disegnando perfettamente i contorni di ciascuno, con ferma razionalità e con forti passioni, raccontando come quel mondo la disgusti, la lasci sempre con un’orribile sensazione addosso.

Era “assediata da tutta quella gente, che per natura avrebbe detestato e invece le toccava frequentare”. Oppure: “Era davvero assurdo che lei e Marc frequentassero gente così ridicola”.

C’è astio ma c’è anche accettazione. C’è ribrezzo ma anche forte determinazione. Isabelle sa bene quali sono i ruoli che ciascuno è chiamato a interpretare e non ha certo intenzione di sottrarsi.

Poco dopo la metà del romanzo, cambia tutto per via di un evento doloroso.

E qui Rebecca West si concentra di nuovo su Isabelle, sul suo rapporto con Marc e con gli uomini in generale, sui suoi sentimenti, fino a darci una visione più chiara del suo matrimonio e delle sue convinzioni.

Tappeto dell’intera narrazione, il rapporto tra uomini e donne.

Com’è possibile che la vita delle donne sia così anomala e straordinaria, se sono più numerose degli uomini, e vivono sempre allo stesso modo? Se sono la maggioranza, come il tempo ci insegna, da dove viene questa sensazione di stranezza, di incongruità? Forse, pensò, era dovuta al fatto che ogni centimetro della sua vita di donna le sembrava stupefacente, perché nulla di ciò che provava era mai stato raccontato, o lo era stato solo in modo falso e superficiale, omettendo la parte più pregnante.

Una narrazione ancora una volta stupefacente che riesce a spargere chiarezza sui rapporti umani e su quanto ognuno di noi sia unico, nei suoi momenti di ombra e in quelli di luce.

Rebecca West non smette di sorprendermi, mentre mi guida in un intricato mondo di relazioni come solo lei sa fare. So che non è un’autrice facile, e spesso nemmeno scorrevole, ma io continuo ad apprezzarla. Qui forse un pizzico di più per la verve della protagonista, per la sua sagacia e la sua arguzia, che rendono la narrazione più vivace rispetto ad alcuni romanzi precedenti.

Faccio una piccola nota finale. I quattro romanzi che ho letto di Rebecca West erano stati tradotti da Francesca Frigerio, mentre “Un matrimonio non premeditato” da Stefano Tummolini. Non voglio fare paragoni, o commentare il mestiere del traduttore perché lo ritengo davvero difficilissimo, ma non so se il tono narrativo diverso che ho riscontrato in questa lettura sia dovuto proprio a questo cambio, o se sia stata a monte una scelta dell’autrice.

Rimarrò con il dubbio, ma comunque piacevolmente colpita!

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