Recensione in anteprima “Nel cuore della notte” di Rebecca West

Nel cuore della notte” di Rebecca West (Fazi) è secondo volume di una trilogia familiare iniziata con “La famiglia Aubrey“. Ringrazio la casa editrice per avermene fatto dono a per avermi dato la possibilità di leggerlo in anteprima, arriva in libreria oggi, 28 gennaio.

TRAMA – È trascorso qualche anno da quando abbiamo salutato la famiglia Aubrey. Le bambine non sono più tali: i corsetti e gli abiti si sono fatti più attillati, le acconciature più sofisticate; l’ozio delle giornate estive è solo un ricordo. Oggi le Aubrey sono giovani donne, e ognuna ha preso la sua strada: le gemelle Mary e Rose sono due pianiste affermate e vivono le difficoltà che comporta avere un talento straordinario. La sorella maggiore, Cordelia, ha abbandonato le velleità artistiche per sposarsi e accomodarsi nel ruolo di moglie convenzionale. La cugina Rosamund, affascinante più che mai, lavora come infermiera. La madre comincia piano piano a spegnersi, mentre il padre è sparito definitivamente. Poi c’è lui, il piccolo Richard Quin, che si è trasformato in un giovane seduttore brillante e, sempre più, adorato da tutti. La guerra, che piomberà sulla famiglia come una catastrofe annunciata, busserà anche alla sua porta, e sconvolgerà ogni cosa. Mentre l’Inghilterra intera è costretta a separarsi dai suoi uomini, l’universo delle Aubrey si fa sempre più esclusivamente femminile: gli uomini e l’amore rimangono un grande mistero, un terreno inesplorato da attraversare, pagine ancora tutte da scrivere che, forse, troveranno spazio nel prossimo volume di questa appassionante saga familiare.

Inizio subito col dirvi che “Nel cuore della notte” non è un libro che potrebbe conquistare tutti: il ritmo molto lento, come ho già scritto nella recensione de “La famiglia Aubrey“, non è amato da alcuni lettori ed è giusto che vi dica che anche questo secondo volume segue l’andamento del primo.

A me, invece, piace perdermi in una dimensione totalmente diversa da quella alla quale siamo abituati e trovo la scrittura della West particolarmente interessante, specie la sua capacità descrittiva. Ho avuto modo, durante la lettura, di cogliere delle differenze tra la descrizione dei luoghi e quella dei personaggi: entrambe sono altamente evocative, ma la prima ha un impianto molto classico, realista; mentre la seconda ha sempre un richiamo inaspettato, un particolare originale che molto spesso mi ha strappato un sorriso.

Zia Milly era una donna minuscola e misurata, con un muso da gattina sotto una montagna di capelli prematuramente ingrigiti, raccolti in cima alla testa in una foggia settecentesca; aveva l’abitudine di allacciare le mani all’altezza della vita, sollevare il mento e abbassare gli occhi verso il nasino all’insù come se fosse in attesa che la vita mettesse le proprie carte in tavola. Zia Lily non aveva più l’aspetto di una bambola fatta cadere troppe volte dalla carrozzina.

Durante la narrazione c’è molta attenzione ai dettagli, ai cambiamenti – seppur minimi – di umore dei personaggi, e un invito a pranzo può durare anche una cinquantina di pagine! È la stessa Rose, ancora una volta voce narrante della storia della sua famiglia, a dirci perché: “Scrivo tutto ciò con la piena consapevolezza che ora potrebbe sembrare irrilevante, dal momento che è proprio uno di quei tratti che differenziano il passato dal presente. Allora, ogni cosa aveva importanza. Ogni cosa dalla quale traevamo godimento aveva il medesimo valore”.

“Ogni cosa aveva importanza” e davvero “ogni cosa” viene riportata all’interno della narrazione di un determinato momento, di un ricordo.

In “Nel cuore della notte” le protagoniste non sono più bambine, ma giovani donne che si affacciano al mondo con tutta la loro sensibilità e le loro idee ben marcate. Si segue l’evolversi dei rapporti tra i personaggi e senza aver letto il libro precedente sarebbe impossibile capire certe cose, come ad esempio il rapporto di odio nei confronti di Cordelia; il richiamo continuo al padre, che nonostante in queste pagine sia assente continua a essere nei ricordi di tutti; il rapporto tra Rosamund e Richard Queen.

Proprio lui, Richard Queen, rimane uno dei miei preferiti: probabilmente l’autrice avrebbe potuto scrivere un libro solo con le sue avventure (quella delle aragoste vinte a freccette valeva un capitolo!), raccontando il suo modo così carismatico e insieme noncurante di stare in mezzo agli altri. Mi ha letteralmente affascinata ma non saprei dire con certezza se è successo perché a raccontarmi di lui è stata Rose, del tutto imparziale quando si tratta del fratello, oppure se anche io sono rimasta colpita dai suoi modi di fare…

L’ultima parte del romanzo assume toni più grevi con lo scoppio della Prima guerra mondiale, che porterà conseguenze terribili per la famiglia Aubrey. Una famiglia che dovrà fare i conti con un nuovo assetto e che presto dovrà capire in che direzione muoversi.

Riusciranno, ad esempio, Rose e Mary a trovare un marito? “Tutti dicevano che eravamo straordinarie, ma poi ci tenevano a distanza”, raccontano, convinte che non riceveranno mai alcuna proposta di matrimonio come è successo a Cordelia. A questo punto sono davvero curiosa di leggere l’ultimo capitolo di questa trilogia.

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