“Esercizi di fiducia” di Susan Choi: dov’è la verità?

“Esercizi di fiducia” di Susan Choi (Sur) è un romanzo molto denso. Un stile affilato che molto spesso prevale sulla narrazione; una trama su più piani temporali; un confine, sempre più labile, tra verità e finzione.

TRAMA – Sono gli anni Ottanta; David e Sarah, quindicenni, frequentano un’accademia d’arte drammatica e si sono appena innamorati; come molte storie adolescenziali, la loro sarà breve, intensa, piena di passione e di incomprensioni, esposta alle interferenze dei coetanei e degli adulti, fra cui il carismatico professor Kingsley. A distanza di quindici anni, un’ex compagna di scuola ripercorre gli eventi di quei mesi da un altro punto di vista, rivelando che ciò che ci è stato raccontato è solo una versione imperfetta e parziale dei fatti. E ancora più avanti nel tempo, con un ulteriore ribaltamento di prospettiva, scopriremo (forse) la dolorosa verità.

Quanti romanzi ci sono dentro “Esercizi di fiducia“? Direi, sicuramente un paio. Forse tre. All’inizio ho fatto fatica a lasciarmi andare a quelle pagine. Pagine serrate, dense, pochissimi dialoghi, tante descrizioni, un continuo raccontare i legami che intercorrono tra i personaggi e le loro emozioni.

Un sentire così fitto da trascurare, il più delle volte, l’azione narrativa.

Sarah e David sono i protagonisti della prima metà della storia (anche se li ritroveremo anche dopo). Tra di loro, passa ogni cosa, ogni tipo di sentimento. Si è sulle montagne russe, in mezzo a frustrazioni, giochi di potere, amore illusorio, bisogno carnale, scoperta di sé, desideri incerti, fissazioni.

Lo stile di Susan Choi è magnetico, ancorato alla realtà, spiazzante. Quello che vivono questi ragazzi così giovani, mentre interpretano un ruolo non solo sul palco ma anche nella vita – convinti che siano gli abiti giusti da indossare – è così totale da avere continue conseguenze.

A metà romanzo, le carte in tavola cambiano. Il passato diventa un ricordo, il presente lo riscrive, ne dà una nuova versione, un diverso punto di vista che rimescola, mette in discussione, accusa.

Adesso è Karen a parlare, a dirci che quello che Sarah ci ha raccontato finora non era la verità, lei sa che la storia non è andata in quel modo.

Se anche avesse ricordato, poteva non ricordare i medesimi particolari. Se anche li ricordava, poteva non ricordarli proprio allo stesso modo.

Ricordi, verità, illusioni, distorsioni? “Qualcosa o Niente. La bugia smaccata, o la nuda verità che non viene mai detta”.

“Questo è quello che racconto io; chissà come la racconterebbe lui”, dice a un certo punto Karen, parlando di suo padre. Credo sia questa la chiave dell’intera narrazione: i fatti, oggettivi, non esistono. Esistono solo le interpretazioni. Esiste solo quel vivere un momento condiviso senza mai sapere veramente come lo stanno attraversando gli altri.

Le differenze sono ancora più accentuate se i ricordi del passato si frammentano nell’oggi. Siamo noi a essere cambiati, quindi la nostra percezione, la nostra memoria. Come si fa a ritrovare un pezzo di autenticità in immagini idealizzate, o in storie che ci siamo raccontati così tante volte da averne perso il filo? Com’è possibile che rivedere una scena di Allora, possa cambiarne i dettagli Oggi?

C’è una precisione quasi chirurgica nel tratteggiare gli aspetti caratteriali dei personaggi, e le emozioni che reggono parole o gesti. Sembra che non importi più chi o cosa, ma come e perché.

Esercizi di fiducia” diventa così un modo per scavare nell’animo umano, una lunga messa in scena in tre atti, o forse tre rappresentazioni diverse. Se i fatti non sono mai oggettivi non lo è nemmeno la lettura. Ancora meno quando si ha tra le mani un libro come questo.

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