“L’estate dei bravi ragazzi” di Camilla Graciotti: un toccante romanzo di crescita
Mi ha sorpresa “L’estate dei bravi ragazzi” di Camilla Graciotti (Sperling). Mi ero immaginata il classico YA, ma qui c’è molto di più.
TRAMA – Emanuele è nato e cresciuto in periferia, tra le lunghe notti in spiaggia, le partite di calcetto e le domeniche trascorse davanti al televisore, a guardare la Roma giocare, insieme agli amici di una vita: Valerio, Alessio e Robertino. In un’estate in cui tutti loro stanno facendo i conti con le proprie responsabilità e le preoccupazioni per un futuro che non riescono a immaginarsi, Emanuele si ritrova, a diciott’anni, senza diploma e senza casa, in fuga dal padre violento e da una famiglia che gli si è sgretolata tra le mani. Tutto ciò che gli resta è Valerio, che si porta dentro segreti inconfessati. I due si completano, si appartengono, si sostengono. Le gelosie, i demoni e le paure faranno però presto vacillare il loro rapporto vero e autentico. E con l’arrivo di Giada cambia tutto. O forse no.
Come si cresce alla periferia di una grande città, all’interno di famiglie non proprio idilliache dove si sperimenta ogni sfumatura del dolore? Come si cresce quando ogni possibilità di futuro sembra preclusa, e il passato ti ha modellato facendoti sentire sbagliato?
Probabilmente si affronta ogni giorno cercando degli appigli, degli spiragli di luce che si aprono in un sorriso, dei porti a cui approdare che spesso hanno la forma di un abbraccio.
Camilla Graciotti con “L’estate dei bravi ragazzi” ci racconta tutto questo e molto altro. Il suo è un romanzo corale nel quale si procede per opposti, facendo continui paragoni, tra i quartieri di Roma o tra i cuori delle persone.
C’è un gruppo di ragazzi di Ostia, ognuno dei quali sta provando a disegnare i contorni di se stesso, senza riuscirci. Sono divisi da ciò che gli è stato detto e ciò che in realtà sentono sulla pelle, ed è un sentire tipico dell’adolescenza, quindi amplificato, assordante, destabilizzante.
E di questo gruppo fanno parte Emanuele e Valerio. Sono cresciuti insieme ma a diciott’anni fanno fatica a capire come maneggiare il sentimento che li lega. Fanno fatica nella misura in cui un “ti voglio bene” non basta, non racchiude nemmeno un grammo di ciò che hanno nel petto, e probabilmente pure un “ti amo” sarebbe riduttivo.
E allora loro si parlano con i gesti, con gli sguardi, con i silenzi, con le rinunce, con il sacrificio. Si perdono solo per ritrovarsi in un contatto fisico, si sgretolano lasciando che sia l’altro a rimettere insieme i pezzi. Ma quante volte una persona si può spezzare?
E quanto è difficile non avere più paura?
Si fa fatica con “L’estate dei bravi ragazzi” perché la felicità pare essere sempre sottratta e si arriva al finale stremati. Succedono un mucchio di cose in questo romanzo, e mi sono attaccata alle ultime pagine nella speranza di trovare un conforto. Emanuele si è preso un pezzo del mio cuore, alla fine.
A mio avviso, l’unica pecca di questo romanzo è anche una delle sue qualità migliori. Provo a spiegarmi. Camilla Graciotti ha uno stile di scrittura già maturo, nonostante la giovane età, e un timbro, una voce, perfettamente riconoscibile. Le parti in cui descrive, con un’attenzione sorprendente anche per i più piccoli dettagli, gli stati d’animo dei personaggi, i loro travagli emotivi e il loro venire a patti con le proprie emozioni sono molto belle, solo che spesso rischiano di essere eccessive rispetto alla narrazione.
A volte ho avuto la sensazione di voler andare avanti, di sapere come si evolveva la storia, senza dovermi necessariamente soffermare così tanto. Io sono una lettrice che ama quelli che io chiamo “spiegoni”, perché mi danno la possibilità di entrare maggiormente in empatia con i personaggi e di creare un legame autentico, solo che in “L’estate dei bravi ragazzi” avrei preferito che ci fosse un bilanciamento diverso tra questi parti e i dialoghi, e l’avanzamento della trama.
Nonostante questo l’ho trovato un libro davvero molto intenso, un ritratto autentico delle fragilità degli adolescenti di oggi, pieno di cura nella scelta delle parole e nel raccontare qualcosa di così difficile come il conoscersi e l’accettarsi. Se questo per Camilla Graciotti è solo l’inizio, confido che ci regalerà altre bellissime storie.