“Solo una canzone” di Roberto Livi: una riflessione profonda e brillante

Solo una canzone” di Roberto Livi (marcos y marcos) è stata una piacevole scoperta. Brillante, amaro, toccante: una lettura davvero originale.

TRAMA – Il ristorante va a rotoli, e lui non vorrebbe certo farlo andare meglio. Non ne può delle recensioni crudeli su Google, del mal di piedi, di essere libero solo di martedì. Comincia a essere stufo anche dell’Ave, la moglie paleontologa che sa sempre tutto, e quando parla sembra un fiume in piena. A lui basterebbe riuscire a scrivere una canzone, solo una; trovare il ritornello per quella che ha già in testa, che intona nel ristorante di notte, o sull’acqua, tra le gole dei monti, sognando un pubblico che non c’è. E non è per una folla che lui vorrebbe cantare; è destinata ad Agnese, la sua canzone. Se riuscisse a farle venire le carni cappone, potrebbe smettere di vestirsi sempre di nero, potrebbe fare quel che non ha mai fatto, non lo fermerebbe più nessuno.

Solo una canzone” di Roberto Livi è uno di quei libri che richiede un pizzico di attenzione in più. Perché la narrazione procede fluida e vivace, a tratti particolarmente divertente come nel caso del capitolo 14, “Il maestro”, ma nasconde delle insidie, delle sottigliezze, delle sfumature che potrebbero non essere colte, in uno sfogliare disattento.

Subito dietro la “leggerezza” della scrittura di Roberto Livi, aggettivo usato non per sminuirne l’effetto sul lettore, ma per rendere più chiaro il tono che viene usato lungo alcune descrizioni – che spesso diventano ironiche e sono accompagnate da un nonsense che però rende chiaro ogni cosa – c’è uno stato di malassere che accompagna il nostro protagonista.

“Devo smettere di pensarci”, ripete manco fosse il ritornello della canzone che sogna di scrivere, a volte “la tristezza” gli si attacca nella pancia, non riesce a respirare, gli mancano le forze e a me è sembrato di rivivere quegli attacchi di panico che continuano a cogliermi impreparata.

Una “tristezza” che arriva anche quando sei contento, e proprio non te la spieghi.

Una “tristezza” che diventa anticipazione, segno, che si fa portatrice di tanti significati.

Ma c’è la possibilità di uscire fuori da un circolo vizioso in cui si è finiti, volenti o nolenti? Siamo sicuri che sia del tutto colpa nostra, dell’inedia, della mancanza di motivazione, o sono gli incontri a essere la vera scintilla della nostra vita?

Il nostro protagonista eredita il ristorante dai suoi genitori, ma riesce a servire solo piatti surgelati. Le recensioni, manco a dirlo, sono pessime. Il suo matrimonio con Ave è deleterio, oltre che privo di qualsiasi forma di passione, cura, attenzione, desiderio.

E la musica? Perché questo spasmodico desiderio di scrivere una canzone? Anche “Solo una canzone“?

Per portare a termine qualcosa? Per sentirsi dire “bravo”? Per raggiungere quei brividi che solo una perfetta melodia riesce a donare? O per far colpo su una persona che ha percorso dieci chimoletri in più sotto il diluvio solo per venire al tuo ristorante?

Forse perché, se riuscisse a scrivere anche “Solo una canzone“, poi non lo fermerebbe più nessuno.

Poi.

Strano come una parola così piccola, di sole tre lettere, possa essere così importante, eppure, così sottovalutata.

Roberto Livi con “Solo una canzone” ci offre una storia amara, il cui tono aspro viene mitigato da uno stile brillante, che diventa spunto di riflessione ampio e totalizzante. Un libro da non sottovalutare, un protagonista a cui accostarsi con discrezione, e da non colpevolizzare senza prima provare a mettersi nei suoi panni.

Da non giudicare, come siamo fin troppo propensi a fare.

Ne approfitto per ricordarvi che da oggi, 2 novembre, la casa editrice marcos y marcos per festeggiare i suoi 40 anni fa un regalo ai suoi lettori: acquistando due libri, nelle librerie che aderiscono alla campagna #bustalibro, si può ricevere in regalo una bellissima busta in cotone per custodire i libri, che può essere anche un’originale idea regalo!

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