“Lo capisce anche un bambino” di Mattia Zecca: quanta emozione

Mi capita spesso di commuovermi leggendo un libro. Il più delle volte le lacrime arrivano alla fine, magari a lungo trattenute e poi finalmente liberate. Difficilmente all’inizio, perché ancora i personaggi sono degli estranei. Raramente nel mezzo, e solo se magari la trama subisce uno scossone inaspettato.

Con “Lo capisce anche un bambino” di Mattia Zecca (Feltrinelli), invece, ho pianto all’inizio, nel mezzo e alla fine. Forse perché ho avuto la fortuna di conoscere Mattia e Nicola, in un pomeriggio di quelli che solo una città come Roma riesce a regalarti. Magari perché su Instagram sorrido di rimando quando a farlo rivolto verso il cellulare del papà è Lorenzo, o perché in una storia riconosco l’andatura di Martino che non vuole perdersi nemmeno un pezzetto di vita.

Forse per tutti questi motivi, o più probabilmente perché questa storia è così bella che non può che commuovere. Perché l’amore questo fa: scombussola ogni cosa, rimescola le percezioni e scompiglia le emozioni.

TRAMA – “Un figlio è sempre una scoperta che muta la geografia del tuo mondo.” E il mondo che questo libro invita a esplorare è quello raccontato dalla voce di un padre, ma osservato con gli occhi di Lorenzo e Martino, due bimbi che condividono la stessa cameretta, la stessa storia di amore, determinazione e cura e, soprattutto, gli stessi genitori: papà Mattia e papà Nicola. È la storia vera, insomma, di una famiglia come le altre: una famiglia felice che, convinta di essere trasparente, una tra le tante, scopre invece di essere invisibile. Perché se l’amore ignora sempre le leggi della fisica e della biologia, la legge talvolta ignora l’amore. A Lorenzo e Martino, infatti, che di genitori ne hanno due, l’ordinamento italiano ne riconosce solo uno per ciascuno. L’altro, per le istituzioni, non è che un mero convivente. Lorenzo e Martino, per la legge italiana, non sono fratelli. “Per il nostro Paese noi siamo quattro simpatici coinquilini che si vogliono tanto bene e che, se trovassero un buon portiere, potrebbero formare un’ottima squadra di calcetto a cinque. Se solo papà Mattia e papà Nicola sapessero giocare a pallone. è questo, il problema.” 

Quella della nostra famiglia è soprattutto una storia d’amore, determinazione e cura. 

È una lunga lettera d’amore, “Lo capisce anche un bambino“. È per Nicola, Lorenzo e Martino, per Federica, per papà Luciano e mamma Anna Maria, per Ashleigh e Danielle, e per tutte le altre persone che ruotano attorno a questa bellissima famiglia. E sì, forse è una lettera d’amore che Mattia Zecca ha voluto rivolgere anche a se stesso, a quel ragazzino di quindici anni pieno di paure, e al papà di oggi con gli occhi colmi di meraviglia.

Le sue parole sono state capaci di restituirmi sempre emozioni autentiche, sia quando raccontano un gesto semplice, quotidiano, nel quale mi sono potuta riconoscere; sia mentre narrano momenti terribili, di paura e di angoscia, che mi hanno allienata alle sensazioni di chi li ha vissuti in modo naturale, spontaneo.

È possibile che una cosa esista ma non venga chiamata con il suo nome? Che non venga rinosciuta effettivamente per ciò che è? Succede con una nazione, con un lago e con una famiglia, nel romanzo di Mattia Zecca.

Ma ci basta pensare alle nostre esperienze giornaliere per capire che non tutti abbiamo lo stesso sguardo nei confronti di ciò che ci circonda. Anche quando crediamo che su certe questioni non possano esserci dubbi, capita di trovare qualcuno che ribalti l’argomento, alimentandolo con le proprie convinzioni.

Questo è un romanzo per aprire gli occhi, per capire, per comprendere mentre ci emozioniamo, per provare a impegnarci a dare il giusto nome alle cose, per trovare un senso ma anche un significato, per farci travolgere dall’amore.

Mi sono segnata diversi passaggi di “Lo capisce anche un bambino” perché, come succede solo con i libri belli, è facile lasciare un pezzetto di sé in quelle pagine. Mi sono appuntata nel mio quaderno una frase, sperando di imparare a farla mia, come c’è riuscito Mattia.

Ci tengo a dirlo per sottolineare che questo romanzo parla di sentimenti universali, di relazioni profondamente umane, di fragilità, di imperfezioni che accomunano ciascuno di noi, indipendentemente dalla unicità che ci contraddistingue. E per invitarvi a leggerlo.

Mattia Zecca ha una scrittura delicata e profonda, ci ha donato molto di sé con questo libro, facendoci un regalo enorme, e non vedo l’ora di poterlo ringraziare di persona. Perché pagine come le sue sono rare e vanno lette, consigliate, amate, e portate sempre nel cuore.

La lettura è un fatto molto personale, lo sappiamo bene, e spesso ci capita di rintracciare pezzi della nostra vita in mezzo a pagine piene di parole che magari per altri rimangono mute.

In questi giorni sto sentendo vivida la nostalgia di nonno Mario. Penso che avrebbe visto l’Italia dalla sua poltrona, commentando con poche parole e grandi cenni con la testa. Penso alle sue gambe accavallate che sembravano ancora più magre con i pantaloncini blu. Al suo “andate, andate”, quando credeva che ci stessimo trattenendo troppo a casa sua, rubando del tempo non si sa bene a cosa o a chi. E io vorrei tanto che ad andarsene non fosse stato lui, non così presto, non in quel modo. Avevamo un compleanno importante da festeggiare, ma nessuno che soffiasse su quella cifra tonda.

Leggendo “Lo capisce anche un bambino” ho pensato ancora di più a lui perché sono certa che nello “sguardo dolce” di nonno Pasquale potrei vedere quello di nonno Mario, il quale aveva lo stesso modo di guardare la tv, “senza dar fastidio a nessuno”.

Questo è il mio personalissimo grazie a Mattia, che mi ha dato la possibilità di pensare a lui e di fare i conti con la sua assenza. Oltre tutto il resto, naturalmente.

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