“Paura Verticale” di Linwood Barclay: un thriller accattivante

Paura Verticale” di Linwood Barclay (Nutrimenti) è uno di quei libri che scorrono così bene che è difficile staccarsi dalle pagine. Una piacevolissima sorpresa!

TRAMA – Tutto inizia di lunedì, quando quattro persone salgono su un ascensore di un grattacielo di Manhattan. Ciascuno preme il pulsante del proprio piano, ma l’ascensore continua a salire, senza sosta, fino al quarantesimo piano, l’ultimo. Una volta lì, si ferma per alcuni istanti, poi comincia a riscendere. Giunto al ventinovesimo piano, si blocca di nuovo. Pochi secondi di ansia e sconcerto, poi l’ascensore inizia a precipitare vertiginosamente, schiantandosi e uccidendo i passeggeri al suo interno. Sembra trattarsi di un incidente orribile, ma casuale. Il giorno dopo, però, un altro ascensore fuori controllo, in un altro edificio di Manhattan, causa la morte di una persona. E quando il mercoledì ci si trova ad affrontare la terza tragedia, opera dell’ennesimo ascensore impazzito, New York precipita nel caos. Ormai è chiaro che non si tratta più di una coincidenza, ma di un piano calcolato per mandare nel panico la città. E sta funzionando. Chi sta facendo tutto questo e perché? C’è la mano del terrorismo islamico? Oppure è opera dello stesso gruppo estremista che ha già fatto esplodere delle bombe in altre città degli Stati Uniti? E c’entra in qualche modo il cadavere trovato sulla High Line, a cui è stato sfigurato il volto e sono state mozzate tutte le dita? Trovare una risposta è una corsa contro il tempo, prima che il Top of the Park, l’ultimo audace grattacielo della città, venga inaugurato il venerdì sera.

“Ascolta, devo andare. Lascia che ti dia un consiglio”.
“Dimmi”.
“Prendi le scale”.

La trama fornita dalla casa editrice per “Paura verticale” è molto dettagliata e non starò qui a ripetermi. Vi parlerò, quindi, dei motivi per cui questo romanzo mi è piaciuto molto.

Per prima cosa la struttura narrativa. Capitoli brevi si susseguono in un continuo cambio di punto di vista. Seguiamo il sindaco, la giornalista, il poliziotto, i quali intrecciano le loro storie personali alla trama narrata, arricchendola.

Questa polifonia di voci non genera confusione, anzi. Dà maggiore forza alla narrazione che si allarga includendo sottotrame che, specie nel finale, regalano inaspettati colpi di scena.

Il focus, quindi, non si concentra solo sui crimini, ma anche sulle sfumature emotive dei personaggi. I miei preferiti sono stati i capitoli dedicati al detective Jerry Bourque che ho trovato di enorme impatto.

Lo stile dell’autore è pienamente accattivante e riesce a inchiodare il lettore sin dalle prime pagine di “Paura verticale“. Merito anche di una trama finemente concepita e originale: cosa accadrebbe a New York se milioni di persone non potessero più usare gli ascensori?

“Cosa vorreste che facessi?”, disse Headley. “Dire ai newyorkesi di smettere di usare gli ascensori fino a un nuovo avviso? Avete idea del tipo di caos che potrebbe creare in una città verticale come questa? L’intera maledetta città si fermerebbe”.

Probabilmente è difficile, per noi che non siamo circondati da grattacieli, capire fino in fondo quello che significherebbe, così come non possiamo davvero comprendere cosa voglia dire vivere dopo l’11 settembre.

La parola terrorismo è fin troppo a portata di mano; la paura è profondamente legata alla mancanza di comprensione dell’altro, che determina sempre più diffidenza e isolamento.

Ma chi c’è dietro questi incidenti? Chi sta diffondendo il panico a New York?

Come sempre le radici dell’odio vanno ricercate nel passato, in lacerazioni lontane nel tempo che non sono mai state sanate. Cosa occorre per superare un dolore? Qual è il limite che separa l’accettazione dalla ricerca di vendetta?

Gli ultimi capitoli sono un crescendo di tensione, per arrivare dritti a un finale dove non mancheranno le sorprese. Ammetto di essere stata sviata e di essermi goduta le ultime pagine ancora di più.

Bello il capitolo in cui l’autore di “Paura verticale” si allontana per un momento dalla narrazione per guardare dallo spioncino alcune situazioni, un paio di parentesi nelle quali si è divertito a creare episodi legati a quel cartello “Fuori servizio”. Un piccolo respiro prima della tensione finale che ho trovato molto interessante.

Ma c’è una cosa su tutte che Linwood Barclay ci dice: “Se c’è qualcosa che vuoi, la insegui, non importa quanto sia difficile o quanto tempo ci voglia”. Le nostre azioni hanno sempre delle conseguenze, anche a distanza di anni. Conviene non dimenticarlo mai.

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