“Non esistono posti lontani” di Franco Faggiani: che viaggio!

“Non esistono posti lontani” di Franco Faggiani (Fazi) è la storia di un viaggio, di un’amicizia improbabile, ma soprattutto il racconto di vite che si intrecciano, annodando strade e percorsi.

TRAMA – Roma, aprile del 1944. L’archeologo Filippo Cavalcanti è incaricato dal Ministero di recarsi a Bressanone per controllare gli imballaggi di un carico di opere d’arte destinate alla Germania. Arrivato sul luogo, l’ormai anziano professore conosce Quintino, un intraprendente ragazzo ischitano spedito al confino in Alto Adige. Vista la situazione incerta in cui versa il Paese e il pericolo che minaccia entrambi, i due decidono di scappare insieme per riportare le opere d’arte a Roma. In un avventuroso viaggio da nord a sud, i due uomini, dalla personalità molto diversa, e nonostante la distanza sociale che li separa, avranno modo di conoscersi da vicino e veder crescere pian piano la stima reciproca. Grazie alle capacità pratiche di Quintino e alla saggezza di Cavalcanti, riusciranno a superare indenni diversi ostacoli ma vivranno anche momenti difficili incontrando sulla strada partigiani, fascisti e nazisti, come pure contadini, monaci e gente comune, disposti ad aiutarli nell’impresa. Giunti finalmente a Roma, che nel frattempo è stata liberata, si rendono conto che i pericoli non sono finiti e decidono così di proseguire il viaggio per mettere in salvo il prezioso carico tra imprevisti e nuove avventure.

“Non esistono posti lontani” è il titolo perfetto per questo nuovo romanzo di Franco Faggiani. “Professore, non ci sono posti lontani. Ci sono solo posti da raggiungere”, dice a un certo punto Quintino, ragazzo sveglio e pieno di inventiva, rivolto a Filippo Cavalcanti, un anziano archeologo che non vuole ancora arrendersi: una frase semplice, banale quasi, ma di una potenza tale che mi ha costretta a fermare per un momento la lettura.

“Ci sono solo posti da raggiungere” cela dietro di sé tantissimo. Ci dice che ci vuole volontà, coraggio, pazienza, determinazione e, perché no, qualche piano un po’ folle e delle decisioni prese “di pancia”. Sei parole che mi hanno colpita molto e che spero di fare mie, estendendo il concetto, senza considerare solo i luoghi “fisici”.

“Non esistono posti lontani” è anche la storia di un legame. Un’amicizia, quella tra Quintino e il Professore, che mi ha strappato più di una risata.

«Quintino, lei è pazzo».
«Artista, professo’, fantasioso».

Il loro viaggio sarà lungo e pieno di incontri, ma quello più significativo sarà il loro. Nato nella diffidenza, le loro differenze all’inizio sembreranno incolmabili ma, curva dopo curva, quasi non si noteranno più. E, come spesso accade, l’uno avrà molto da imparare dell’altro.

Devo essere sincera, però, e dirvi che a livello emotivo mi aspettavo qualcosa di più. Sarò che dopo aver amato molto (e anche pianto parecchio a fine lettura) “La manutenzione dei sensi” ero certa di trovare anche in “Non esistono posti lontani” una maggiore attenzione per l’aspetto emozionale della vicenda.

Non sto dicendo che sia stato trascurato, ma che avrei preferito leggere magari meno descrizioni dei paesaggi e più momenti introspettivi dei due protagonisti. Ammetto che un po’ mi sono mancati, specie perché conosco lo stile dell’autore e so quanto mi sono commossa leggendo il suo esordio.

Punto di forza del romanzo è senza dubbio il contesto storico e sociale che rende “Non esistono posti lontani” un racconto particolarmente realistico. Ripercorrere quel periodo e quei territori è stata un’occasione per ricordare, ancora una volta, un periodo della nostra Storia che non deve mai essere trascurato. 

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