Premio Bancarella 2018, “La regina del silenzio” di Paolo Rumiz

“La regina del silenzio” di Paolo Rumiz (La Nave di Teseo) è uno dei sei romanzi vincitori del Premio Selezione Bancarella 2018, una fiaba densa di significato e piena di quella magia unica di cui solo la musica è capace.

TRAMA – Il malvagio re Urdal scende da Nord, invade col suo esercito la pianura dei Burjaki e proibisce loro ogni forma di musica. Con tre mostri – Antrax, Uter e Saraton – terrorizza la popolazione. Eco, il mago dai lunghi capelli bianchi che suscita i suoni della terra, viene fatto prigioniero e nella terra dei Burjaki cala il silenzio assoluto. Mila, la figlia del valoroso cavaliere Vadim, ha il dono innato della musica e cresce ascoltando la melodia della natura. Con il suono della sua voce sfida il divieto di Urdal e decide di cercare il bardo Tahir, l’uomo che le ha insegnato il canto, per guidare insieme la battaglia più importante, nel nome della musica e della libertà.

“La regina del silenzio” è una bellissima favola che in sé racchiude tante storie, ma soprattutto diversi messaggi che l’autore consegna in mano a bambini, giovani e adulti.

Tutto ha inizio con l’invasione del terribile re Urdal e di sua madre Ubidaga della terra dei Burjaki. Un luogo dove la musica costituiva l’identità di un popolo e che per questo venne proibita dai tiranni. Ma quello che l’orrenda regina Ubidaga, la regina del silenzio, ha sottovalutato è il suono della natura: il canto del vento, il fischio del fuoco, il gracchiare dei corvi, il suono della linfa degli alberi, lo “scricchiolio” delle stelle.

Che cosa sarebbe la Terra se la cinciallegra non ci regalasse il suo trillo, se il cervo dalle grandi corna non bramisse nella stagione degli amori e il ruscello non cantasse spumeggiando verso il mare?

La piccola Mila ha passato i primi anni della sua vita in ascolto. Si è nutrita dei suoni della natura, dopo aver conosciuto la musica nella pancia della madre, grazie a un bardo che le cantava le melodie più dolci e accompagnava la voce con la sua tambùriza. L’invito all’ascolto è uno dei messaggi più belli che Paolo Rumiz ci dona con questo libro. Come in un’orchesta bisogna imparare ad ascoltare chi ti suona accanto, anche nella vita bisognerebbe sempre tendere l’orecchio a ciò che circonda, ponendo anche particolare cura nel riconoscere il silenzio.

“Il senso della musica non sta nelle note ma tra le note, nelle pause che le separano”, dice a un certo punto il maestro Ammerberk a Mila e io non ho potuto non pensare a Jonh Cage e alla sua 4′ 33” e a una delle sue frasi più celebri: Non esiste una reale e oggettiva separazione tra suono e silenzio, ma soltanto tra l’intenzione di ascoltare e quella di non farlo” (per un approfondimento sul tema vi rimando a un articolo di Gustavo Zagrebelsky, La musica è solo il suono del silenzio tra una nota e l’altra, La Repubblica).

Ascoltare o non farlo. A volte ci trinceriamo dietro barriere linguistiche o culturali per motivare la nostra totale mancanza di apertura nei confronti dell’altro, ma Rumiz ci dice chiaramente che l’universo ha un’unica armonia, che insieme la si può preservare e che uniti si potrebbe anche sconfiggere il male.

“Impara a parlare con il tuo strumento e tutti potranno capirti, anche coloro che vivono nei paesi più lontani e non conoscono la tua lingua. L’universo ha una voce e tu risveglierai il piacere di ascoltare la sua armonia.”

Mila metterà su l’Orchestra Armata della Musica per sconfiggere il re Urdal e sua madre, riportando la pace. Il riferimento di Rumiz è all’European Spirit of Youth Orchestra, composta da giovani artisti provenienti da tutto il mondo: uno dei più begli esempi di integrazione che esistano.

Un altro aspetto che mi ha colpito è il modo in cui Paolo Rumiz parla della natura. Ci sono descrizioni bellissime, si percepisce che l’autore ha vissuto in reale contatto e in ascolto con ciò che ha osservato nelle sue lunghe e celebri camminate. Ogni cosa viene raccontata attraverso parole semplici e allo stesso tempo incredibilmente evocative. Ma il messaggio di fondo arriva prepotente: le natura va rispettata, protetta, conservata.

La bimba gli faceva domande difficili: “Nonno, e se il vento smettesse di soffiare?”, oppure “Se domani il sole non sorgesse?”, oppure ancora: “E se l’inverno non finisse mai?”. Il vecchio rispondeva che niente del genere sarebbe mai successo se gli uomini non avessero preso dalla natura più di quanto la natura poteva dare.

Ho pensato che forse l’abbiamo già fatto e che tornare indietro non è più possibile, ma ognuno di noi può fare ancora, ogni giorno, la propria parte.

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