“L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio: tanto rumore per… nulla?

Vincitore del Premio Campiello 2017, “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi) è uno dei romanzi italiani di cui più si è parlato quest’anno. Online leggo recensioni appassionate, piene di entusiasmo, così come lo è stata l’accoglienza che questo romanzo ha avuto dalla critica. Io, ieri pomeriggio, mi sono seduta sul divano e prima di cena l’ho terminato chiedendomi com’è possibile che non mi sia mai emozionata, in nessuna delle 162 pagine.

TRAMA – Ci sono romanzi che toccano corde cosí profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia cosí questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche piú care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo.

Non saprei davvero da dove cominciare perché raramente mi capita di chiudere un libro senza che mi sia rimasto nulla tra le dita. Né una frase, né un personaggio, nemmeno un’emozione. E dire che i presupposti – in teoria – ci sarebbero tutti. La storia di un abbandono, una ferita che non si rimargina, il degrado, la miseria, la famiglia che non si sceglie e che a volte, semplicemente, si subisce.

Eppure, quella scrittura che in molti hanno definito “profonda” ed “emozionante” a me è sembrata semplicemente vuota. “L’Arminuta” non mi è arrivata al cuore, non ha aumentato i miei battiti, non mi ha fatto affezionare alla sua protagonista. Alcune scelte stilistiche le ho trovate forzate, e allo stesso modo alcuni espedienti narrativi, come la volontà di non chiamare alcuni personaggi per nome. Nemmeno della “ritrovata” sappiamo come si chiama. Lei è semplicemente “essa”, più che l’arminuta. Forse per molti sarà stato un espediente “innovativo”, ma a me è sembrata solo una costruzione, una scelta fatta a tavolino, e per questo prima di emotività.

Qual è in senso, poi, di inserire un fratello di cui non si fa mai cenno, come se non esistesse? Di cui non sappiamo il nome, non capiamo che fa in quella casa o fuori, che partecipa solo una volta a uno scherzo di Sergio mettendosi a saltare sul letto?

Mi è mancato il trasporto nella narrazione, una vera e propria partecipazione dell’autrice. Ho avvertito per tutto il tempo della lettura quasi un distacco da parte di chi scrive, come se i fatti riportati fossero semplicemente elencati, o messi insieme. Vi capita mai di leggere un romanzo e poi avere la testa piena di domande, sul futuro dei protagonisti, su come continua la loro storia? Ecco, in questo caso, il finale mi è solo sembrato una brusca interruzione, come se qualcuno mi avesse strappato le ultime pagine del libro, e mentre lo chiudevo, dell’Arminuta non mi restava più niente.

L’unica nota di colore che ho trovato in questo romanzo è stata la piccola Adriana, schietta, sincera, reale. La sua meraviglia, il suo stupore, sono state una boccata d’ossigeno in mezzo a tutto quel grigiore. Non era meglio un romanzo su di lei?

Forse avevo tante aspettative da questo libro, o forse, molto più banalmente, non a tutti possono piacere le stesse cose.

9 pensieri riguardo ““L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio: tanto rumore per… nulla?

  • 19 Maggio 2018 in 3:58 pm
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    Lo sto finendo proprio ora. Troppo osannato dalla critica. Ma anche a me ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. Troppo cupo e privo di slancio. Forse avevo troppe espattative! Scriverò presto una recensione, prima devo digerire la parziale delusione, però! Complimenti per il sito!

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  • 8 Gennaio 2019 in 10:53 am
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    Anch’io ho letto il libro ma a differenza di altri libri che ho letto anche recentemente come “Pastorale americana” di Roth o “il falò della vanità” di Wolf o “la cura Schopenhauer di Yelom e tanti altri questo libro che ho letto l’estate scorsa non mi ha lasciato niente e avevo dimenticato persino la storia. E’ forse l’autrice troppo fredda nell’esprimere i sentimenti? O troppo distante dalle emozioni. Anche Zola’ se vogliamo usa il bisturi nelle sue storie, ma anche se riporta i fatti così come sono ha un modo tutto suo per farti emozionare e partecipare fino in fondo a quelle vite da lui narrate

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    • 8 Gennaio 2019 in 11:04 am
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      Concordo con te, questo libro non mi ha lasciato nulla e non mi ha emozionata, non riesco a capire come mai ha avuto tutto questo successo!

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  • 12 Gennaio 2019 in 9:07 am
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    Ho riletto il libro perché nel frattempo ne avevo letto troppi e non ricordavo bene la storia e in questa rilettura debbo fare dietro fronte su quanto detto precedentemente poiché la storia questa volta l’ho trovata interessante tanto da coinvolgermi personalmente. L’ho trovata ben costruita con uno stile asciutto ma efficace, un libro da consigliare in quanto
    é un libro sulla crescita e sulla resilienza davanti ai fatti tristi della vita

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  • 21 Febbraio 2020 in 10:49 am
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    Concordo in tutto con la tua recensione. Ho l’impressione che si sia usato il canovaccio dell’Amica gneiale per riprodurne il successo. Un prodotto seriale.

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    • 21 Febbraio 2020 in 10:13 am
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      Grazie, mi fai sentire meno sola con questo tuo commento perché sembra che di questo romanzo nessuno riesca a muovere delle critiche

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  • 17 Marzo 2021 in 1:32 pm
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    Finora ho potuto leggere solo il seguito, “Borgo Sud”. Sullo stile non ho molti appunti, è la trama in sé che non lascia nulla. Più che un libro è sembrato un “prodotto” preconfezionato, per rispettare una scadenza: troppo, troppo distacco da parte di Donatella Di Pietrantonio. Dalla tua recensione, però, mi pare di capire che sia proprio un problema radicale e non colpa del “sequel”, realizzato magari controvoglia. Mah!

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    • 17 Marzo 2021 in 1:34 pm
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      Ma, guarda, il mio è un parere non particolarmente diffuso… Ma sì, io non mi sono mai emozionata come scrivo nel post

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