“L’anno nuovo” di Juli Zeh: una lettura tra alti e bassi

“L’anno nuovo” di Juli Zeh (Fazi) è stata una lettura altalenante. Di certo le mie aspettative, dopo aver letto la trama che vi lascio di seguito, erano diverse. 

TRAMA – Henning ha una quarantina d’anni ed è sposato con Theresa, con la quale ha due figli. La famiglia sta trascorrendo le vacanze di Natale sull’isola di Lanzarote, dove il vento impetuoso spazza via tutti i pensieri e il sole accecante allontana lo stress quotidiano. Henning si ripete di essere un uomo fortunato: vive in un bell’appartamento di Gottinga, lavora per una casa editrice, ha una famiglia felice. Nonostante ciò, da alcuni mesi soffre di attacchi di panico. Non è sereno, non riesce a dormire, litiga in continuazione con la moglie, che lo esorta a comportarsi «come un uomo, un uomo che io possa amare». Il mattino del primo giorno dell’anno, durante un’escursione in bicicletta verso uno dei punti più alti dell’isola, quel malessere torna a fargli visita. A soccorrerlo è Lisa, un’artista tedesca che lo invita a casa sua offrendogli acqua e cibo. Dettaglio dopo dettaglio, la casa della donna gli appare sempre più familiare, una strana sensazione di déjà-vu comincia a farsi strada nella sua mente e, quando Lisa gli mostra un pozzo nel giardino, quella che sembrava una strana suggestione si trasforma in certezza: in quella casa c’è già stato, tanto tempo fa. E poco alla volta tornano a galla i ricordi di un’esperienza terrificante vissuta fra quelle mura, un’esperienza che lo ha segnato per sempre. Un tranquillo viaggio in famiglia a Lanzarote che si trasforma in un incubo: con una parabola vertiginosa, L’anno nuovo racconta la storia di un uomo in crisi d’identità e di due bambini che nel bel mezzo di una vacanza paradisiaca si ritrovano all’inferno. L’ultimo romanzo di Juli Zeh, all’uscita subito al primo posto nelle classifiche tedesche, conferma lo straordinario talento dell’autrice.

La prima parte de “L’anno nuovo” l’ho letta a fatica. È stata una vera e propria salita, come quella che compie Henning in vacanza a Lanzarote con la famiglia. Il primo giorno dell’anno, per iniziare al meglio con i famosi buoni propositi, decide di fare un giro in bici e parte verso il punto più alto dell’isola.

Senza acqua, senza le scarpe e l’equipaggiamento adatto, senza l’allenamento necessario. Non ho sudato quanto lui, ma lo stesso mi è risultato pesante girare pagina e continuare a leggere. 

Da una parte è stata interessante la scelta narrativa dell’autrice, ovvero il parallelismo del crescente stato di ansia del protagonista con la salita sempre più ripida, dall’altra ho trovato questa prima parte molto lunga e non particolarmente scorrevole. 

Henning arriva in cima stremato nel fisico e anche emotivamente. Nelle ultime curve qualcosa in lui ha azionato un ricordo, la sua mente ha vacillato. Forse un odore, forse il modo in cui il caldo gli brucia la testa.

Viene soccorso da una donna che gli offre da bere e da mangiare, accogliendolo in casa sua. Una casa che Henning avverte come familiare, ma allo stesso tempo sfuggente. Basteranno un paio di particolari per farlo piombare nel passato, in un ricordo che negli anni aveva provato a soffocare e a reprimere.

La seconda parte de “L’anno nuovo” si legge molto più agevolmente. Il ritmo diventa incalzante e sostenuto, gli eventi scorrono in modo da aumentare la tensione. Dato che nella prima parte si era già detto molto su Henning e la sua famiglia, non si sa cosa bisogna aspettarsi. 

Non entro nel dettaglio, ovviamente, ma anche piccole cose diventano enormi, storcendo la realtà e la prospettiva. L’autrice è stata davvero molto brava: raccontare attraverso gli occhi di bambini non è mai semplice e lei lo ha fatto con realismo, senza edulcorare nulla. 

Forse la conclusione del romanzo, con il ritorno al presente, è stata frettolosa, ma dato che non si scrive per davvero la parola fine ci può anche stare. Che ne sarà di Henning? Del suo matrimonio? Dei suoi attacchi di panico? E di sua sorella?

Probabilmente non cambierà nulla, perché il passato rimane sempre con noi anche se vorremmo darlo in pasto ai mostri. 

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