“Invito a Capri con delitto”: di Emilio Martini: un nuovo caso per il commissario Berté

“Invito a Capri con delitto” (Corbaccio) è il nuovo libro di Emilio Martini (alias le due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni) in cui ritroviamo il commissario Bertè che questa volta dovrà districarsi in una vicenda che si snoda tra passato e presente, superstizioni e bugie, amori e segreti…

TRAMA – Alberto, amore mio… aiutami! Uccideranno anche me… Così riporta una lettera che viene dal passato. È firmata Diana Meyer, e risale al 1976, ma il professor Alberto Sorrentino la riceve solo quarant’anni dopo, e per pura fatalità. Che fine ha fatto la bella austriaca che, in un infuocato agosto caprese, il professore ha immensamente amato? Non era stato facile dimenticarla. Dopo il suo brusco e inspiegabile abbandono, l’aveva odiata per anni, ma ora quella lettera drammatica sbriciola le sue certezze. Forse Diana ha dovuto lasciarlo? Per mettere in pace il cuore e la coscienza, il professore si rivolge all’amico Gigi Berté, invitandolo a Capri. Per il commissario con la coda la sfida è ardua: la vicenda è complicata da molteplici aspetti psicologici e le persone coinvolte sono poco propense a parlare. Inoltre, lavorare fuori dalla sua area di competenza limita la sua libertà d’indagine, già di per sé difficile perché i fatti sono lontani nel tempo. I misteri antichi dell’Isola Azzurra e la sua sfibrante bellezza catturano anche Berté, che esorcizza le sue paure scrivendo racconti e telefonando all’amata Marzia. Ma quando il passato ritorna e colpisce ancora nel presente, tingendolo di rosso, Berté, con la sua abilità e i suoi metodi anticonvenzionali, riesce a ricostruire l’intricata vicenda, fino al colpo di scena finale.

È una Capri lussuriosa, definita “paradiso del vizio”, a far da sfondo alla nuova vicenda del vice questore aggiunto Gigi Berté, che sbarca a Capri a seguito di una richiesta di aiuto da parte del professore, amico di famiglia, Alberto Sorrentino. Personaggio molto particolare, elegante, sempre pronto a fornire i particolari storici di qualcosa, che sia una grotta o una villa, profondo conoscitore di leggende e mezze verità che hanno come protagonista l’isola. Devo dire che essendoci stata solo una volta, in gita durante la scuola media, dopo aver letto questo romanzo mi è venuta una gran voglia di tornarci: merito delle autrici che hanno reso Capri a tutti gli effetti una dei protagonisti del libro, descrivendola in tutto il suo splendore e conferendole questo tocco di mistero legato a una sensualità disinibita che l’hanno resa ancora più affascinante.

Bertè si ritrova con in mano una lettera che viene dal passato, forse macchiata di sangue, che parla di un delitto avvenuto 40 anni prima. “Mi trovo coinvolto in in romanzo d’appendice”, dice alla fidanzata Marzia, la quale gli risponde: “Quindi sei nel tuo!”. È un modo per farci capire sin da subito con che tipo di poliziotto stiamo avendo a che fare: capelli raccolti in una coda da “batterista rock”, sempre pronto a buttarsi su una possibile pista senza agire esattamente come si dovrebbe,

Istinto, improvvisazione, intuito. Lui lavorava ancora così. Invece ora le indagini si conducevano quasi solo grazie a esami di laboratorio, confronti di dati tecnici, immagini di telecamere, tabulati telefonici, registrazioni… Il che non equivaleva sempre a trovare una soluzione.

con velleità da scrittore e un prurito alle dita che gli sale quando sta indagando, e lui deve mettersi subito davanti al pc:

Lui davanti ai morti ammazzati si incazzava. Anche parecchio. E il fatto che gli fosse venuta l’ispirazione per un racconto testimoniava che l’incazzatura era pure all’ennesima potenza.

In questo Bertè è particolare: “Nel buio delle sue notti, durante le indagini, per dare dignità al linguaggio prossimo dei verbali lui sublimava la sua rabbia scrivendo racconti fantasiosi ed esotici, a cui cercava di dare anche una forma aggrazziata”. Certo, ancora nessun editore pare essersi accorto di lui, come gli ricorda la Bastarda, la voce della sua coscienza, ma scrivere gli fa bene e per il momento questo basta.

Per quanto riguarda il caso che si ritrova tra le mani, il vice questore capisce di pancia che l’omicidio del passato è legato al ritrovamento, appena avvenuto, di un corpo nella scogliera. Il libro si dipana quindi tra presente e passato, anche se il secondo sembra avere spesso la meglio. Saranno stati i ricordi del professore, i modi di fare di Bertè, alcune scene da “film neorealista”, Capri in tutta la sua immutata bellezza, ma mi sono sentita quasi catapultata indietro nel tempo,  fino ad arrivare al colpo di scena finale che ha messo nel giusto ordine tutti i pezzi del puzzle.

Da siciliana ho apprezzato in modo particolare un breve passaggio:

Il barbiere si lanciò in una dissertazione sull’attitudine alla tristezza che spesso cattura l’isolano. I luoghi comuni lo dipingono felice e spensierato, pago della bellezza naturale, ma…
“Non è accussì” spiegò. “Certi vvote ce sentimme sule”.

Quella dell’isolano è una condizione troppo difficile da spiegare. Sarebbe lungo dire quanto è grande la voglia di scappare e quanto sono resistenti certe radici che solo un’isola ti può dare. Capisco quindi perfettamente la potenza ammaliatrice che può avere un’isola come Capri, il suo canto di sirena, quei colori che fanno sentire vivo, quell’aria che ti spinge a credere che ogni cosa sia possibile.

Un plauso alle autrici per essere state capaci di immergere completamente il lettore in questa atmosfera quasi onirica. E sì, dai, bravo anche a Bertè che è riuscito a risolvere pure questo caso!

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