“Tutta la stanchezza del mondo” di Enrica Tesio: da non perdere

Quando leggo qualcosa scritto da Enrica Tesio mi succede una cosa strana: mi chiedo, ma come fa a saperlo? Le sue parole le leggo accompagnando il movimento degli occhi a un dondolio della testa, non parallelo ma perpendicolare, perché mi trovo ad annuire continuamente.

E leggendo “Tutta la stanchezza del mondo” (Bompiani) il mio collo si è quasi stufato di tutto quel movimento.

TRAMA – L’11 febbraio 2013, nel cuore di una serata di ordinario delirio tra figli piccoli, lavoro arretrato e incombenze domestiche, dalla tv arriva una notizia stupefacente: il papa si è dimesso. Non è malato, non è in crisi spirituale, è afflitto dalla patologia del secolo, la stanchezza. In quel momento Enrica Tesio si sente “parte di qualcosa di grande e insieme sola in modo assoluto”. Perché no, noi non possiamo dimetterci. Noi siamo il popolo del multitasking che diventa multistanching. Siamo quelli che in ogni istante libero “scrollano” pagine social per misurare le vite degli altri, quelli che riempiono di impegni il tempo dei figli per il terrore di non stimolarli abbastanza, quelli che di giorno si portano il computer in salotto per lavorare e la sera in camera da letto per guardare una serie ma intanto rispondere all’ultima mail… quelli che, per riposarsi, si devono concentrare. Con il suo sguardo acuto e pieno di humour Enrica Tesio ci apre un diario privato di fatiche collettive, dodici per la precisione, come quelle di Ercole. Con un’unica raccomandazione: stasera, quando tornate a casa, date una carezza a un adulto stanco e ditegli “questa è la carezza dell’ex papa”.

Tra le bizzarrie che connotano noi lettori, al pari dell’odio per chi sottolinea a penna e all’acquisto compulsivo di segnalibri di cui non abbiamo bisogno, c’è il dare ragione ai libri.

E non agli autori, anche perché poi magari ci capita di fermarli per un autografo, essere trattati male e finire per odiare quelle pagine che prima avevamo amato con straziante ardore (tratto da una – triste – storia vera).

E poi perché, quando finalmente riusciamo a ritagliarci del tempo per leggere, siamo in compagnia di un libro, non del suo autore.

Nel caso di Enrica Tesio, però, non riesco a fare questa distinzione. Forse perché mi commuovo leggendo i suoi post su Instagram, perché apprezzo la sua ironia tra le pagine di una rivista, perché ho talmente tante volte consigliato il suo romanzo “Dodici ricordi e un segreto” che forse qualcuno avrà pensato che prendessi una percentuale sulle vendite.

Non ci siamo mai incontrate, eppure la sento vicina. Quella strana vicinanza che arriva tramite la condivisione di idee, di visioni, ma anche attraverso la sua sua capacità di farmi avvicinare a temi che mi sono estranei, allargando la mia visione.

In “Tutta la stanchezza del mondo” analizza dodici fatiche, come quelle di Ercole, passando dai social, al sesso, al lavoro, raccontandoci le nostre esistenze senza filtri, senza peli sulla lingua, con un sacco di riferimenti a testi che mi sono segnata perché adesso voglio leggere anche quelli, ma non solo.

È soprattutto lei a raccontarsi, accorciando ancora di più quella distanza che ci separa – ma che non è mai stata poi così reale – aprendosi con una sincerità disarmante, facendoci sorridere, riflettere, empatizzare e poi di nuovo prenderci un momento per sottolineare (a matita) e pensare.

Ho segnato talmente tanto in quelle pagine che non posso riportare qui tutti gli stralci perché se no mi arrestano. E non mi va, onestamente. Ma preparatevi a una sfinente campagna promozionale.

Perché “Tutta la stanchezza del mondo” è un libro che parla a ognuno di noi. Non sussurra, ma ti guarda dritto negli occhi e ti dice come stanno le cose.

E lo stesso fa Enrica Tesio.

Il libro si chiude con un ultimo capitolo che è più che altro una lista di cose che ci sfiniscono, in alcuni punti compensate da altre che ci riposano, e l’autrice ci invita a riflettere su quale potrebbe essere il nostro elenco.

Io non l’ho stilato per intero perché farlo avrebbe significato stancarsi, ma ecco cosa mi sono segnata:

Sono stanca di mettercela tutta per fare in modo che alcune persone mi capiscano.

Sono stanca di scordare di togliermi gli occhiali quando mi devo sfilare un maglione a collo alto.

Sono stanca di quelli che dicono: “Non fa per me”.

Mi stancano quelli che al ristorante chiedono un piatto ma con aggiunte, sottrazioni, cambiamenti, che quasi quasi era meglio se se lo portavano da casa.

Sono stanca di mettermi in pausa, continuando a vivere.

E voi, di cosa siete stanchi?

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