“Tutto il sole che c’è” di Antonella Boralevi: un livore che distrugge

“Tutto il sole che c’è” di Antonella Boralevi (La Nave di Teseo) è un libro la cui mole potrebbe, a priva vista, spaventare o far indugiare. Ma posso assicurarvi che le sue pagine scorrono via in modo così fluido che, alla fine, vi dispiacerà non trovare un altro capitolo. E magari un altro ancora. 

TRAMA – 10 giugno 1940. Mentre l’Italia di Mussolini entra in guerra, nel giardino incantato di una villa in Toscana quattro ragazzi giocano a tennis. La Storia irrompe dentro la loro giovinezza beata e li costringe a prendere in mano la propria vita. La Contessina Ottavia Valiani ha quattordici anni e il sole addosso. La sorella minore, Verdiana, la spia dall’ombra. È timida, bruttina, forse cattiva. Entrambe vivono la condanna insita nell’essere sorelle e anche donne: una è il metro di giudizio dell’altra. Divisa tra invidia e ammirazione, decisa a sfidare il legame speciale tra Ottavia e il padre, Verdiana azzarda l’imprevedibile. I Valiani non sono una famiglia come le altre. Un padre affascinante e traditore, conte, chirurgo e Podestà di San Miniato. Una madre remissiva ma capace di farsi leonessa. E poi il personale di casa, l’anziana cuoca, la giovane sguattera fiera, la cameriera tedesca. Intorno a loro, fascisti e partigiani, sciantose e contadini, sfollati e nuovi ricchi. Un affresco di destini e di emozioni dove le menzogne diventano verità e le verità bugie, tra ricevimenti e parate fasciste, balli sfrenati e imboscate, palazzi e casolari. In un brulicare di passioni proibite, ostilità segrete, tenerezza struggente, generosità e rancore, su cui sfolgora il fascino misterioso del bel Ranieri, l’amore di Ottavia. Mentre la Grande Storia compie il suo corso, le anime scure si fanno limpide e gli uomini sbagliati diventano giusti. 

“La vedo. La vedo come se fossi di nuovo la bambina triste di allora. La bambina che non capiva nulla, e invece capiva già tutto”. Si presenta così, Verdiana, la narratrice iniziale di “Tutto il sole che c’è“, facendoci intuire qualcosa sin dalle prime battute. Ma, immaginare chi era da bambina, quali erano stati i suoi sentimenti e le sue azioni, è niente in confronto a quanto viene narrato lungo il racconto.

E ancora: “La morale è che le sorelle minori antipatiche e bruttine, per invisibili che siano, non vanno mai sottovalutate. Anche noi disponiamo di risorse efficaci e siamo in grado di tirarle fuori quando meno te lo aspetti”. Una frase che mette in guardia, alla quale forse all’inizio non si presta la giusta attenzione. Ma che, a rileggerla terminato il romanzo, mette quasi i brividi.

Verdiana, ormai anziana, trova dei fogli piene di parole, appunti di una vita che è diventata ricordo, e torna indietro nel tempo insieme al lettore. Siamo in Toscana, quando l’Italia di Mussolini sta per entrare in guerra. In una famiglia ricca troviamo due sorelle: Ottavia e Verdiana Valiani. Saranno loro, attraverso ciò che scrissero, a raccontarci quello che successe.

“Ottavia aveva il dono di riverberare la luce, di moltiplicarla, la trasformava in emozione di pura gioia di essere vivi. Lei era il sole. Tutto il sole che c’è”. Ottavia era il sole, Verdiana, sua sorella minore, l’ombra. Spia, si muove nel buio, osserva. Il suo è un atteggiamento passivo, si lamenta che nessuno si accorge di lei, ma non fa nulla per rendersi amabile. E il confronto con Ottavia è sempre più marcato. 

“Nessuno voleva privarsi della magia che lei emanava. Io, invece, quella magia gliela volevo rubare. Per questo la osservavo con la cura di un entomologo maligno”. Già, maligno.

Ma Ottavia era anche di più. “Era il figlio maschio di mio padre”. Verdiana non perde occasione per dire che Ottavia e il “Dottore” si comportavano come “due innamorati”, ma con il tono di chi la reputa una cosa indecente. Quando, invece, la sua è solo invidia. Gelosia che si trasforma in livore, in rabbia sorda pronta a distruggere ogni sentimento di gioia, a derubarlo. 

Teatro di questo rapporto è la guerra. Una guerra che entra nelle orecchie, nel cuore, in casa. All’inizio, le due giovani non avvertono alcuna differenza.

Poi, però, le cose cambiano per davvero. L’aria diviene ogni giorno più nera. E quando la guerra inizieranno a viverla per davvero, sarà Ottavia a dirsi: “Allora è questa, la guerra […] Ci è saltata addosso proprio quando noi si credeva di essere salvi”.

Magistrale e ipnotico è il modo in cui Antonella Boralevi non solo descrive il modo in cui evolve il rapporto tra le due sorelle, ma soprattutto la distanza che le separerà ancora di più quando troveranno modi diversi per vivere quel periodo.

Se Verdiana è felice di ricevere vestiti che erano della sorella, Ottavia arriva a dire che solo lei è suo padre sono “gli unici adulti di questa compagnia raffazzonata di fifoni tremebondi”. Nelle sue pagine, ci troviamo domande che guardano oltre, interrogativi che non hanno risposta, ma solo la spinta a cercarle e a non dimenticare. A non dimenticare nulla di quello che è successo.

E a dirsi una spiegazione: “Dunque è questa, la guerra. Questo niente che sei vivo e un secondo dopo morto”. Fino alla consapevolezza: “Ho fatto qualche chilometro dentro la guerra vera e già sono diventata un’altra. Ogni passo mi invecchia”.

Verdiana, che è rimasta bambina, pensa che le basterebbe i vestiti di Ottavia per essere come lei ma non è così. Non sarà mai così. Fino a quando se ne renderà conto: “Mi montava addosso una rabbia sorda, una intossicazione da invidia. E il bisogno di farle del male almeno una parte minima del male che lei faceva a me da quando ero nata”.

E arriverà a farle del male. Ma da qui in poi non vi voglio più raccontare nulla della storia. 

Posso aggiungere che l’autrice ha fatto un lavoro di grande cura nel dare alle due figure femminile una voce differente, e non solo in quanto a carattere e personalità, ma anche nel condividere i ricordi di quel periodo. Il loro modo di scrivere rispecchia in tutto il loro essere.

La trama di “Tutto il solo che c’è” è ricchissima di intrecci, di storie d’amore, di personaggi che si rivelano, pagina dopo pagina, nelle loro sfaccettatura, risultando molte volte sorprendenti. C’è il racconto dettagliato di un periodo storico e dei suoi orrori, ci sono storie dentro storie, c’è da prestare orecchio alle ragioni di tutti, da sorridere, arrabbiarsi, emozionarsi e disprezzare.

Ma soprattutto ci sono loro, Verdiana e Ottavia. Lasciarle andare non sarà facile, ve lo assicuro. 

3 pensieri riguardo ““Tutto il sole che c’è” di Antonella Boralevi: un livore che distrugge

  • 18 Marzo 2021 in 8:20 am
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    Cosa pensi del rapporto quasi incestuoso tra Ottavia e il padre? E del tradimento dello stesso? Del figlio illegittimo? Capisco non voler svelare molto della trama, ma la tua recensione mi pare più basata sulla sola sinossi: una sfilza di citazioni e un parere che potrebbe andare bene per qualunque altro romanzo.
    Consiglio: rileggi prima di pubblicare, i refusi sono davvero tanti.

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    • 18 Marzo 2021 in 8:31 am
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      Cara Noemi,
      mi dispiace che il mio post non ti sia piaciuto, così come sono molto dispiaciuta dal tono con cui hai lasciato questo messaggio. Ho letto il romanzo e l’ho amato, ho lasciato parlare l’autrice perché io non avrei saputo farlo meglio. Ci sono troppe citazioni? Chi dice quale sia il numero giusto? A me il libro è piaciuto e ho voluto raccontarlo il più possibile attraverso le sue pagine. Nessuno pretende di essere critico letterario, ho lasciato solo le mie impressioni e le mie emozioni. Se questo spazio virtuale non ti piace, nessuno ti obbliga a visitarlo.
      Rileggo sempre quello che scrivo, ma i refusi purtroppo scappano. Dopo il tuo commento ho riletto ancora una volta e ne ho trovato uno solo, evidentente non riesco a scorgere tutti quelli che hai notato tu.

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