“Sull’isola” di Federico Baccomo: inaspettato

Mi ero già fatta sorprendere dalla scrittura di Federico Baccomo, ma “Sull’isola” (Mondadori) è stato un romanzo davvero inaspettato.

TRAMA – Marta sta per salire su un aereo. La meta è una piccola isola greca semidisabitata e battuta da una pioggia incessante, un posto incontaminato in cui è chiamata a realizzare un ambizioso progetto professionale destinato a cambiare le sorti del luogo e della sua carriera. Ma questo viaggio, per Marta, è qualcosa di più di una trasferta di lavoro. Da quando si è spezzato qualcosa nel rapporto con il marito – precipitato in una depressione da cui sembra incapace di uscire – Marta si sente svuotata, priva di risorse. Le farà bene starsene lontana per un po’. A farle compagnia solo un vecchio romanzo ingiallito preso all’ultimo istante in aeroporto. Lei e Diana, la protagonista, hanno molto in comune: sono entrambe in fuga, ed entrambe alla ricerca di qualcosa che le riporti in vita dopo un periodo di stallo. Ma la sovrapposizione non si ferma qui: le corrispondenze, all’inizio curiose, si moltiplicano in modo inquietante. Come inquietante, e affascinante al tempo stesso, è la presenza di un misterioso uomo che dell’isola sembra conoscere ogni segreto. Ben presto, quella che doveva essere una semplice parentesi – di lavoro, di riflessione – diventa per lei l’occasione di un’implacabile resa dei conti: con il marito, con il suo capo, con se stessa. Fino all’estremo delle sue possibilità.

I giorni a venire sono un foglio bianco, un ignoto in cui non vede l’ora di immergersi, sfinita dal dispiacere sempre uguale degli ultimi mesi.

Mi sono sempre piaciuti quei romanzi che finiscono nell’esatto momento in cui potrebbero ricominciare, da lì, con una nuovo libro. Da una parte perché, se ti lasciano addosso quella sensazione di “volerne sapere di più”, allora significa che la trama e i suoi personaggi hanno fatto presa; dall’altra perché è l’ennesima conferma che le storie non finiscono mai per davvero.

Sull’isola” racconta un capitolo della vita di Marta. All’inizio del romanzo la conosciamo come una donna che sta compiendo tutti gli sforzi possibili per “fare carriera” (seguiranno considerazioni molto interessanti su questo tema, a tratti anche parecchio arrabbiate), con un matrimonio che ha tutta l’aria di essere in crisi.

Per quanto tempo ancora dovrà annullarsi, reprimere l’insoddisfazione, tenere nascosta l’infelicità, solo per favorire la salvezza di suo marito?

È il momento delle domande, per Marta. Di quelle pesanti, di quelle che fai fatica a dire ad alta voce ma che non abbandonano i pensieri, di quelle che richiedono attenzioni ed energie. E quindi Marta coglie al volo l’occasione di una trasferta di lavoro per ritagliarsi del tempo per sé, partendo qualche giorno prima del suo capo. Cosa potrà mai succederle su quell’isola greca che sembra essere disabitata?

Si può essere da soli – e spesso è ciò che accade – a costruire un amore, ma sobbarcarsi da soli l’impresa di salvarlo o, peggio ancora, di distruggerlo è uno sforzo da cui non si esce indenni mai.

Il fascino di quella terra lambita dal mare la renderà insieme libera e prigioniera, come solo le isole riescono a farti sentire.

A scorrere parallela alla sua storia c’è quella di Diana, la protagonista di un romanzo che Marta pesca da un cestino delle occasioni in aeroporto. Questo libro nel libro non sarà solo uno spunto narrativo, ma anche un gioco di scrittura.

Baccomo sembra divertirsi a indossare i panni di uno scrittore diverso da lui, pomposo, artificioso, affettato, che si lascia andare a descrizioni superflue cadendo pure in “grosse cantonate”. “Mille ricercati sinonimi e altrettante metafore più o meno riuscite”, scene di sesso descritte in modo ridicolo, un vero e proprio “esibizionismo verbale” con consente all’autore di “Sull’isola” di lanciare anche qualche stoccata all’editoria.

Nel frattempo, Marta, all’inizio rimane “sconcertata” dalle somiglianze tra la sua storia e quella di Diana [“Ma no, ma no, è solo un romanzo. La storia insignificante di una donna insignificante verso la quale Marta ha commesso due errori. Il primo, lieve: affezionarsi. Il secondo, un po’ più grave: immedesimarsi”], ma piano piano iniziano a “rinfrancarla”.

Il libro sembra parlare a Marta, assomiglia quasi “un diario della sua trasferta” e lei sottolinea le parti in cui le pare che l’autore stia sussurrando a lei, e a lei soltanto. Ma non è quello che, in fondo, facciamo un po’ tutti, anche quando la trama non potremmo essere più distante dalla nostra quotidianità?

Ma cosa succede non appena quelle coincidenze iniziano ad apparire come un copione? Il finale è già stato scritto?

Posso dirvi che “Sull’isola” è un romanzo sorprendente. Dalla seconda metà in poi cambia del tutto, si trasforma, la trama diventa più serrata e sarà impossibile mettere da parte la curiosità per la storia di Marta.

Mi piace il modo molto personale di Federico Baccomo di creare le immagini di una scena, di descrivere un dettaglio che rende chiaro uno stato d’animo, di cogliere anche un lieve cambiamento in un gioco di sguardi, di sottolineare una sfumatura di emozione che coglie il senso di un istante. Raccontarvelo sarebbe impossibile, così come scegliere un passo del romanzo perché dovrei riportare pagine intere.

È un modo di scrivere molto “pieno”, non saprei che altro aggettivo usare. E mai banale, volendo aggiungerne un altro.

Non è il pentimento, non è il senso di colpa a metterla in subbuglio. È qualcosa di più intenso e viscerale, qualcosa che non aveva messo in conto: la vertigine di fronte a qualcosa di irrimediabile.

Sono sincera, “Sull’isola” non è un romanzo facile, ma da Federico Baccomo non mi sarei aspettata nulla di meno. All’inizio ho fatto un po’ fatica ad approcciarmi a quelle pagine fitte e dense, ma poi non sono riuscita più a mollarlo. Quindi il mio consiglio è di non farvi abbattere e di lasciarvi stupire. Ne varrà la pena.

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