“Pet Sematary” di Stephen King: un capovaloro dell’horror

“Pet Sematary” di Stephen King (Sperling & Kupfer) è finito dritto tra i romanzi del Re che più ho amato. Un horror da manuale, un vero e proprio capolavoro del genere, che mi ha risucchiata tra le pagine. Lasciandomi sotto shock alle battute finali.

TRAMA – Il dottor Louis Creed ha appena accettato l’incarico di direttore sanitario dell’Università del Maine, e con un certo entusiasmo: posizione di prestigio, magnifica villa di campagna dove Eileen e Gage, i suoi bambini, possono crescere tranquilli, vicini gentili e generosi in una cittadina idilliaca lontana dal caos metropolitano. Persino Winston Churchill, detto Church, il loro pigro e inseparabile gattone, sembra subito godere dei vantaggi della nuova situazione. Ben presto, però, la serena esistenza dei Creed viene sconvolta da una serie di episodi inquietanti: piccoli incidenti inspiegabili che coinvolgono i bambini, pericolosi e giganteschi camion che sfrecciano sulla superstrada proprio sotto casa Creed, incontri diabolicamente sorprendenti e, soprattutto, sogni. Sogni oscuri e terribilmente realistici che perseguitano Louis da quando ha visitato il Pet Sematary, il cimitero dove i ragazzi di Ludlow seppelliscono da sempre i loro animali domestici. Ufficialmente. Perché oltre quella radura, nascosto tra gli alberi, c’è un altro terreno di sepoltura, ben più terrificante. Un luogo carico di presagi e di richiami, spaventosi quanto irresistibili, provenienti da un altro mondo. Un luogo dove al dottor Creed toccherà una scoperta raggelante: a volte è meglio essere morti… Pet Sematary, definito dal Washington Post «folle, potente, disturbante», è un vero e proprio classico della letteratura horror, ispirato, parola di King, da un leggendario racconto popolare: La zampa di scimmia.

Niente è più rumoroso di un badile che raschia il cemento nel silenzio della notte.

Ho una sola parola per “Pet Sematary“: STRAORDINARIO. Sì, tutto maiuscolo. Ancora una volta devo ribadire quello che io, insieme a molti lettori di Stephen King, abbiamo capito (sulla nostra pelle!) del maestro dell’horror: i suoi primi romanzi sono inarrivabili. Le pubblicazioni più recenti sono nulla se messe al confronto.

Ma veniamo a “Pet Sematary“. Sin dalle prime pagine in cui conosciamo la famiglia Creed non manca un sottile clima di tensione, anche nei momenti in cui i protagonisti sono impegnati in situazioni tutto sommato “normali” o prive di una qualsiasi connotazione drammatica.

Eppure. Si inizia da subito a ragionare sulla morte che è il vero cardine dell’intero romanzo, un tema che ci accompagnerà per l’intera lettura. Dopo la visita al cimitero degli animali, che è situato sopra la casa in cui la famiglia Creed si è appena trasferita, ogni personaggio ragiona sulla morte dal suo punto di vista (le pagine sulla sorella di Rachel sono straordinarie).

Fino a quanto la morte arriva.

E parla.

Louis Creed ha accettato l’incarico di medico presso un campus universitario. Al suo primo giorno di lavoro, muore un ragazzo, Victor Pascow. Attenzioni lettori a quello che dirà in punto di morte.

La famiglia Creed trascorrerà dei mesi abbastanza tranquilli, prima dell’inevitabile.

La morte tornerà.

E non se ne andrà più.

Sta per succedere qualcosa qui. Qualcosa di molto strano, credo.

Perché dietro a quella casa c’è più di un cimitero dove i bambini del posto hanno seppellito i propri animali. Il loro vicino di casa, Jud, sa cosa c’è e un giorno mostrerà a Luois qualcosa che va oltre la comprensione, oltre la più fervida delle immaginazioni. Oltre i ragionamenti di un uomo di scienza.

Louis avvertiva una presenza magnetica, innegabile ed eccitante di un segreto. 
Di un misterioso segreto.

Quel luogo “ha un potere”, non si farà che ripeterlo, e condizionerà i destini di tutti.

La seconda parte e la terza parte del libro inghiottono del tutto il lettore: credetemi se vi dico che l’orrore che proverete vi farà andare avanti e ancora avanti. Gli ultimi capitoli sono un crescendo di pathos e di terrore, con un epilogo da incubo.

Sarà un continuo ragionare sulla morte e sulla sua accetazione. Su quanto ci faccia paura affrontarla, o passare la vita nella sua attesa: “La pecca sta soltando nell’incapacità di accettare, comune a molti”, dice a un certo punto Stephen King, che ragiona su quanto il dolore possa annientarci, facendoci perdere del tutto la ragione. Sul potere della mancanza quando perdiamo qualcuno che amiamo, tanto che faremmo di tutto per poter trascorrere ancora insieme un giorno. Ma a che prezzo?

Pet Sematary” dà la misura del genio di questo autore. Stephen King riesce a insinuare atmosfere horror capaci di paralizzare il lettore anche in contesti apparentemente tranquilli. E quella battuta finale? Ho ancora i brividi…

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