“L’uomo visibile” di Chuck Klosterman: decisamente originale

“L’uomo visibile” di Chuck Klosterman (Alter Ego Edizioni) è un romanzo davvero molto originale, sia per l’impianto narrativo che per la storia, che si sviluppa su più piani tematici. 

TRAMA – La psicologa Victoria Vick viene contattata da un uomo misterioso per un immediato ciclo di sedute. Y____, come decide di chiamarlo, pretende una terapia non tradizionale. Il paziente non vuole un dialogo faccia a faccia, afferma di essere uno scienziato e di aver sottratto da un progetto governativo abbandonato una tecnologia in grado di renderlo quasi invisibile. Y____ le rivela di utilizzare questa particolare capacità per osservare di nascosto come vivono le persone quando sono da sole. Man mano che i racconti dell’uomo si fanno più bizzarri e inquietanti, Victoria inizia a essere ossessionata dal caso fino a mettere a rischio la carriera, il matrimonio e la sua stessa identità. Ironico e severo verso la società odierna, L’uomo visibile si caratterizza per la singolare e moderna struttura intervallata da note, dalla corrispondenza tra paziente e terapeuta e da trascrizioni telefoniche. Semplice curiosità o voyeurismo? Rispetto della privacy o furto di umanità? Chi siamo al netto delle nostre sovrastrutture culturali? Chuck Klosterman ci conduce con destrezza nella mente contorta di Y____, e forse in quella di molti di noi.

Per parlarvi de “L’uomo visibile” parto dalla struttura del romanzo: a raccontare questa storia è la psicologa Victoria Vick che, sin dalla prima lettera al suo editore, non nasconde il fatto di aver bisogno di soldi e che, nonostante alcune resistenze, non può che “vendere” quello che le è successo.

Una storia che viene raccontata attraverso la trascrizione di registrazioni delle sedute, appunti mandati per email, annotazioni per l’editor che dovrà curare il libro, confessioni della stessa Victoria, specie all’inizio e alla fine del romanzo. 

Ma cosa le è successo? Sappiamo che un nuovo cliente la chiama e le dice di voler fare un percorso insieme un po’ particolare. Prima le chiede di svolgere le sedute per telefono, non le racconta nulla di sé, solo che ha bisogno di parlare, senza che gli si rivolgano delle domande. Victoria all’inizio sottovaluta la situazione, comprensibilmente direi, anche se non fa che ripetere quanto se ne sia pentita.

“Quello che ho fatto l’ho fatto per scoprire la verità sulle persone”, le dice Y____, (questo è il modo in cui viene indicato nel testo) e lo ripete spesso, quasi per voler convincere se stesso. La sua è una ossessione per le persone, che osserva quando sono da sole per coglierne la “verità”.

Come fa? Con una speciale tuta e una particolare crema che, una volta indossate, gli consentono di non essere più visibile (guai a definirlo “invisibile” perché diventa un tantino suscettibile su quel punto). Così si intrufola a casa delle persone, o nelle loro auto, per scoprire come si comportano quando sono lontane da tutto e tutti.

Y____ non si sente in colpa, ma ogni tanto si domanda se dovrebbe esserlo. Anche per questo ha bisogno di raccontare: “Può giudicarmi quanto vuole. Tuttavia insisto perché lo faccia accuratamente, e per riuscirci deve tenere presente che non ho mai fatto nulla senza motivo”. 

Victoria inizialmente non gli crede, ma come darle torto? Come si fa a considerare reale una cosa del genere? Y____ si presenta come una specie di scienziato, un uomo dalla intelligenza fuori dal comune, acuto e stimolante, e Victoria cade molto presto nella sua rete. Quello che racconta è vero, o sono solo enormi bugie?

La riflessione, intanto, diventa molto profonda: “Una delle scoperte più significative che ho fatto in quest’esperienza è che le persone neanche si accorgono di cos’hanno di fronte”, dice Y____. Le persone “invisibili” sono continuamente intorno a noi, “in bella vista”; nessuno può dire di guardare “realmente” ciò che ci circonda.

Un punto cardine sul quale si ruota spesso, uno spunto interessante che apre a considerazioni sempre più ampie, mentre il racconto procede per gradi e finisce per assumere contorni sempre più inquietanti.

Quando Vicky fa la sua prima esperienza con “L’uomo visibile” scrive: “Non dispongo di una sufficiente proprietà di linguaggio per descrivere cosa si provi a vedere qualcosa che non c’è. Se non riuscite a immaginarvelo da soli, mi dispiace ma non posso aiutarvi”. 

A quel punto la psicologa è del tutto rapita e commette una serie di errori che la condurranno dritta a un fatale epilogo. “Mi merito ogni secondo di quello che è successo”, ammette, creando una leggera tensione che attraversa tutto il romanzo. E ancora: “È stata un’esplosione nucleare, e la colpa è mia. La sovrastruttura di percezioni superficiali è crollata, precipitando in un’emozione senza fondo che ci ha fatto perdere il controllo di chi eravamo e cosa facevano. Non mi va di ripensarci, ma purtroppo devo”.

Devo essere sincera e dire che all’inizio la lettura de “L’uomo visibile” è stata complicata perché ci sono pagine di lunghi monologhi di Y____ che si fa un po’ fatica ad approcciare. Man mano che si va avanti, però, diventano più interessanti e quando inizia a raccontare delle sue osservazioni si alternano pagine davvero incredibili ad altre decisamente cruente e squallide.

Non c’è quasi mai bellezza nelle osservazioni di Y____ e questo fa riflettere su come ci comportiamo quando siamo da soli. Ma il dubbio rimane: sono bugie o quelle cose sono realmente successe? E chi è davvero Y____?

L’uomo visibile” è un romanzo decisamente originale che regala interessanti temi sociologici in una chiave che non è nuova ma che viene declinata in maniera del tutto particolare. 

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