“Il fiume della colpa” di Wilkie Collins: piccolo, ma sincero

Donzelle in pericolo, amori che nascono con un solo sguardo, passioni ostacolate, sotterfugi, etichetta, padroni e servi. Cosa potevo desiderare di più? Ne “Il fiume della colpa” di Wilkie Collins (Fazi) c’è esattamente tutto questo!

TRAMA – Dopo anni di forzata lontananza, in seguito alla morte del padre, Gerard Roylake fa ritorno alla residenza di famiglia per prendere possesso della casa e delle terre ereditate. Quella che ritrova è una contea avvolta da un groviglio di misteri. L’incontro con Cristel Toller, la bellissima figlia del mugnaio, ridesta in Gerard ricordi sopiti dal tempo dell’infanzia e fa sorgere in lui una passione fatale, ma lo porta anche a imbattersi in un uomo misterioso e affascinante: tutti lo conoscono come “l’inquilino”, un individuo sinistro che la sordità e l’isolamento dal mondo hanno reso insofferente nei confronti di quanti lo circondano. Questi, infatuato di Cristel, finirà inevitabilmente per vedere in Gerard un pericoloso rivale in amore. Un orribile delitto sta per avere luogo, oppure i timori dei protagonisti – e del lettore – sono infondati? E qual è il motivo della strana attrazione che, in segreto, sembra spingere Cristel tra le braccia dell’inquilino?

“Nel mettere insieme gli eventi che formano questa narrazione, mi volgo indietro a considerare la catena, costruita anello per anello, a volte con sorpresa, a volte con interesse, a volte scoprendo di aver omesso una circostanza che è necessario raccontare. Ma cerco invano nella memoria, mentre indugio sulle parole appena scritte, un qualche avvenimento che avrebbe potuto mettermi in guardia contro il pericolo verso cui avanzavo a occhi bendati”. Mi sentite sospirare? Il romanzo di Wilkie Collins appena pubblicato da Fazi, “Il fiume della colpa”, è un piccolo gioiello narrativo in cui ci sono tutti gli elementi di una storia che, sebbene non brilli per originalità, è raccontata in modo impeccabile.

Gerard Roylake è il narratore della vicenda – ad anni di distanza come ci fa sapere – che molto spesso si rivolge direttamente al lettore, come in un’ipotetica chiacchierata fra conoscenti: “Faccio appello a un parere imparziale: non avrei forse commesso un’azione spregevole se avessi voluto scorgere un’intenzione malevola in tutto questo?”.

Sebbene Gerard sappia esattamente come si siano svolti i fatti, lascia il lettore nel dubbio, racconta senza scavare in profondità nelle sue emozioni, senza suggerire di prestare attenzione a un particolare piuttosto che a un’espressione del viso di uno dei protagonisti della vicenda. Mette tutte le carte in tavola, quasi sfidando il lettore a capire cosa sia successo, per poi ovviamente spiazzare nel descrivere come si sono verificati realmente i fatti.

La potenza narrativa sta nel saper catturare le sfumature: di alcuni personaggi sappiamo poco, ma bastano un paio di frasi, in un determinato contesto, per capirne la natura; su altri, invece, veniamo del tutto ingannati. Almeno, io lo sono stata, con uno in particolare che nel finale si dimostrerà risolutivo.

“Piccolo, ma sincero”, diceva sempre una persona a me cara. Prendo in prestito questa espressione per “Il fiume della colpa” perché gli calza alla perfezione.

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