“Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli: una storia intensa e complessa, ma genuina nel finale

Recensione e foto di Claudia Argento

Ci sono libri che vorresti non finissero mai. Lo sto pensando mentre la metro mi porta da Tiburtina a Rebibbia, subito dopo avere letto le ultime parole di “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli (Feltrinelli). Eravamo insieme, tutto il resto l’ho dimenticato. Con questa citazione whitmaniana, lo scrittore chiude il cerchio della storia del suo cher Libero, una storia intensa e complessa, ma allo stesso tempo genuina nel finale.

Il protagonista racconta la sua crescita attraverso alcune tappe sessuali fondamentali, tappe scandite anche dalla ripartizione del libro stesso (infanzia, adolescenza, giovinezza, adultità, nascita): dalle prime masturbazioni al petting con la compagna di classe per poi approdare al sesso più maturo. Nel mezzo il rapporto coi genitori, gli amici, l’università, diversi interrogativi e qualche incontro folgorante. Immensa l’ombra di monsieur Marsell, padre amato alla follia, ingombrante ma salvifica quella di madame Marsell, la madre del complesso edipico, donna dei tarocchi e dalla forza estrema. Tra di loro la presenza costante di Emmanuel, miglior amico di monsieur e amante di madame.

Poi la figura travolgente e passionale della pantera nera, Lunette, sorella del migliore amico Antoine, tanto sognata e bramata quanto poi persa “perché le cose finiscono”, come ammette Libero stesso. Infine la compagna di vita, Anna, “l’incontro che vale il tradimento di un’amicizia”, a ricordarci che tutti noi possiamo trovare l’anima gemella, basta solo essere capaci di lasciarsi andare e vivere il sentimento con naturalezza.

Attorno i pilastri del protagonista. Gli amici di sempre, Mario e Lorenzo con il suo fido cagnolino Palmiro Togliatti e, poi, Giorgio, ex tuffatore costretto sulla sedia a rotelle, datore di lavoro che diventa grillo parlante, consigliere fidato nei momenti di sbando totale. E ancora, sempre presente sullo sfondo, la dolce Marie, amore adolescenziale del grand Liberò, così come lo chiama lei, oggetto del suo più intenso autoerotismo e poi amica del cuore.

Filo conduttore la lettura, i libri che Libero legge, consigliato prima dal padre e poi da Marie, nel tentativo di un conatus sese conservandi, mero istinto di sopravvivenza. “Non ricordo chi abbia detto la frase straziante: più volumi troverai in casa di una persona e maggiore sarà il suo grado di infelicità”, dice il protagonista e sa che è profondamente vero. Eppure Libero continua a leggere passando da “Lo straniero” di Camus a “Il deserto dei Tartari” di Buzzati o a “L’amante” di Duras e così via in un crescendo spasmodico e vorace del piacere della lettura.

Quello di Libero, insomma, può essere definito una sorta di sex-emotional bildungsroman, un romanzo di formazione alla scoperta della vita e del sesso, perché fondamentalmente “l’osceno è il tumulto privato che ognuno ha e che i liberi vivono. Si chiama esistere e a volte diventa sentimento”.

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